odiare il proprio lavoro

Odiare il proprio lavoro può far male quanto la disoccupazione

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Avere un lavoro non significa automaticamente stare bene: la qualità psicosociale del lavoro è oggi riconosciuta come un fattore determinante per la salute mentale. Studi longitudinali e revisioni recenti mostrano che lavorare in condizioni di forte stress, con insicurezza, scarsa autonomia e scarse prospettive di crescita può avere effetti negativi sulla salute mentale paragonabili a quelli della disoccupazione.

Questo avvertimento non è solo teorico: ricerche su campioni nazionali indicano che i lavoratori impiegati in occupazioni di bassa qualità psicosociale hanno probabilità simili di soffrire di disturbi depressivi e d’ansia rispetto ai disoccupati.

Da dove nasce l’evidenza: lo studio britannico e altre conferme

Il lavoro pionieristico del gruppo guidato da Peter Butterworth (analisi pubblicata su riviste come Psychological Medicine e su Occupational and Environmental Medicine) ha confrontato la salute mentale di persone disoccupate con quella di chi occupava posti di lavoro caratterizzati da scarsa qualità psicosociale (precarietà, elevata domanda lavorativa con scarso controllo, insicurezza, basso riconoscimento). I risultati hanno mostrato che la semplice presenza di un impiego non garantisce un vantaggio per la salute mentale se il lavoro è di cattiva qualità.

Questa conclusione è stata poi sostenuta da studi successivi e sintetizzata in revisioni e meta-analisi che confermano come la precarietà lavorativa e le condizioni professionali sfavorevoli siano associate a un aumento del rischio di depressione, ansia e altri disturbi mentali.

Perché un lavoro di bassa qualità danneggia la mente

I meccanismi biologici e comportamentali alla base del legame tra lavoro e salute mentale sono molteplici. Lo stress cronico legato a scadenze impossibili, insicurezza del posto, scarsa autonomia e cattivi rapporti con i superiori attiva risposte fisiologiche prolungate (cortisolo elevato, infiammazione sistemica) che influenzano l’umore e la capacità di resilienza. Inoltre, la bassa qualità del lavoro tende a promuovere comportamenti non salutari: riduzione dell’attività fisica, sonno irregolare, peggior dieta e consumo di sostanze.

Dal punto di vista sociale, il lavoro di scarsa qualità erode il senso di identità e di autoefficacia — fattori protettivi fondamentali per la salute mentale — e aumenta l’isolamento e la percezione di ingiustizia, elementi che favoriscono ansia e depressione.

Disoccupazione vs lavoro di bassa qualità: similitudini e differenze

La disoccupazione porta con sé evidenti stress economici, perdita di routine e marginalizzazione sociale, tutti fattori che impattano profondamente sul benessere psicologico. Tuttavia, il lavoro di bassa qualità può causare stress cronico continuo — senza le potenziali risorse psicologiche che un lavoro di qualità può offrire (reddito stabile, senso di scopo, relazioni sociali positive). Di conseguenza, in alcuni contesti i danni alla salute mentale risultano comparabili.

Questo non significa che l’occupazione sia inutile: lavori di buona qualità rimangono protettivi e associati a esiti di salute migliori rispetto alla disoccupazione. Il punto è che non tutti i lavori sono uguali e la politica pubblica deve tenerne conto.

Cosa dicono le organizzazioni internazionali

Organizzazioni come l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), l’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO) e l’OCSE riconoscono l’importanza dei fattori psicosociali sul posto di lavoro e raccomandano interventi organizzativi per prevenire il danno alla salute mentale. Le linee guida WHO su “Mental health at work” propongono interventi a livello aziendale (riduzione dei rischi psicosociali, formazione dei manager, promozione di ambienti di lavoro inclusivi) e chiamano i governi a integrare salute mentale e politiche del lavoro.

Implicazioni pratiche: cosa possono fare i datori di lavoro

I datori di lavoro hanno un ruolo chiave: migliorare la qualità del lavoro non è solo eticamente giusto ma conviene anche in termini economici (riduzione dell’assenteismo, maggiore produttività, ritenzione del personale). Alcuni interventi efficaci includono:

  • Valutazione e riduzione dei rischi psicosociali (workload, controllo sul lavoro, chiarezza dei ruoli);
  • Formazione dei manager per riconoscere segnali di stress e rispondere in modo supportivo;
  • Politiche per conciliare vita-lavoro (orari flessibili, lavoro ibrido ponderato);
  • Promozione di percorsi di sviluppo professionale e sicurezza contrattuale che riducano l’incertezza occupazionale;
  • Accesso facilitato a servizi di supporto psicologico e a percorsi di reinserimento e upskilling per i lavoratori a rischio.

Queste misure sono coerenti con le raccomandazioni WHO/ILO e con le evidenze raccolte dalle analisi OECD sul ritorno economico degli investimenti in salute mentale sul lavoro.

Politiche pubbliche: insieme a più occupazione servono lavori di qualità

Per le istituzioni la sfida è duplice: creare opportunità di lavoro e garantire che il lavoro creato sia di buona qualità. Le prove suggeriscono che politiche focalizzate unicamente sull’aumento del tasso di occupazione senza tenere conto della qualità possono lasciare irrisolti i problemi di salute mentale della popolazione. Perciò, programmi di welfare attivo, norme sul lavoro decente, controllo delle condizioni contrattuali e investimenti in formazione sono tutti strumenti necessari.

Consigli pratici per i lavoratori

Se senti di essere in un ambiente di lavoro che danneggia il tuo benessere, ci sono passi concreti che puoi prendere:

  • Parla con il tuo medico o un professionista della salute mentale se identifichi sintomi di depressione o ansia;
  • Valuta con attenzione la possibilità di dialogare con il tuo responsabile o HR su carichi e mansioni;
  • Cerca alleanze con colleghi per migliorare la qualità del lavoro collettivamente (organizzazione di team, richiesta di formazione);
  • Considera strategie di upskilling o riconversione se il lavoro è strutturalmente insostenibile;
  • Usa le risorse messe a disposizione dal datore di lavoro o dai servizi pubblici (EAP, centri per l’impiego, servizi sociali).

Leggi anche: La sindrome da disoccupazione

Non sottovalutare la qualità del lavoro

La relazione tra lavoro e salute mentale è complessa: non basta avere un impiego per stare bene. I dati mostrano chiaramente che un lavoro di bassa qualità psicosociale può essere altrettanto nocivo per la salute mentale quanto la disoccupazione. Per questo motivo, la promozione della salute mentale richiede interventi integrati che uniscano politiche occupazionali, miglioramento della qualità del lavoro e servizi di supporto psicologico. Investire in lavori dignitosi e sicuri è una strategia di prevenzione che protegge sia le persone sia la società nel suo complesso.

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Dopo una laurea e un master in traduzione, diventa giornalista ambientale. Ha vinto il premio giornalistico “Lidia Giordani”, autrice di “Mettici lo zampino. Tanti progetti fai da te per rendere felici i tuoi amici a 4 zampe” edito per Gribaudo - Feltrinelli Editore nel 2015.