Ricerca scientifica rivela come l'enzima della banana neutralizzi i flavanoli dei frutti rossi negli smoothie casalinghi
Molte persone iniziano la giornata con questo smoothie, pensando di compiere una scelta nutrizionale ottimale: una banana, qualche mirtillo o lampone, magari una bevanda vegetale. Un rituale quotidiano che sembra incarnare perfettamente il concetto di alimentazione sana. Eppure, una recente ricerca scientifica dimostra che questo mix tanto apprezzato potrebbe compromettere significativamente i vantaggi nutrizionali che ci aspettiamo di ricavarne.
Non si tratta di condannare le banane o i frullati casalinghi in generale. Il punto riguarda la biochimica alimentare, un aspetto raramente considerato nelle nostre scelte quotidiane, ma che influenza profondamente ciò che il nostro organismo riesce effettivamente ad assimilare.
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Le reazioni chimiche nel frullatore
Gli studiosi hanno esaminato attentamente il cosiddetto food matrix, ovvero il modo in cui gli ingredienti reagiscono reciprocamente quando vengono tritati, mescolati o frullati. L’assunto secondo cui “più ingredienti salutari unisco, maggiori sono i benefici” non corrisponde sempre alla realtà.
Il fulcro della questione riguarda i flavanoli, molecole bioattive presenti in grande quantità nei frutti rossi, nel cioccolato fondente, nelle mele e nel tè verde. Questi composti sono oggetto di numerosi studi per il loro contributo alla salute cardiovascolare e cerebrale, al punto che le raccomandazioni nutrizionali ne indicano l’assunzione giornaliera ottimale.
La criticità emerge quando i flavanoli incontrano un enzima denominato polifenolossidasi, particolarmente abbondante nelle banane. Si tratta dello stesso enzima che causa l’imbrunimento della frutta tagliata esposta all’aria. All’interno del frullatore, tuttavia, questo meccanismo si intensifica: le membrane cellulari della banana si disgregano, l’enzima viene rilasciato e comincia a ossidare i flavanoli, causando una riduzione rapida e sostanziale di questi preziosi nutrienti in pochi istanti.
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I risultati della ricerca
Per quantificare l’entità di questo fenomeno, un team di scienziati americani e inglesi ha reclutato otto volontari maschi in buona salute, sottoponendoli a tre test differenti in giorni distinti. Nel primo hanno ricevuto flavanoli in forma di integratore. Nel secondo hanno consumato uno smoothie preparato esclusivamente con frutti rossi. Nel terzo, un frullato contenente banana, mantenendo costante la dose di flavanoli aggiunti.
I dati raccolti sono stati inequivocabili. Con l’integratore e con lo smoothie ai soli frutti rossi, le concentrazioni ematiche di flavanoli erano essenzialmente identiche. Quando invece era presente la banana, il picco di flavanoli assorbiti si riduceva di oltre l’80%.
Non parliamo dunque di una variazione trascurabile. È una diminuzione drastica, che si verifica immediatamente dopo la preparazione della bevanda. Gli stessi autori dello studio hanno dichiarato di essere stati colpiti dalla velocità del processo, evidenziando come l’abbinamento degli ingredienti e le modalità di preparazione siano importanti quanto la selezione dei singoli alimenti.
La banana va eliminata dalla dieta?
È importante precisare: la banana rimane un frutto nutriente. Rappresenta un’eccellente fonte di potassio, fibre solubili ed energia immediata, oltre a essere economica e versatile. Lo studio non afferma che sia dannosa, ma semplicemente che non si sposa bene con alimenti ad alto contenuto di flavanoli.
Se l’intenzione è preparare uno smoothie ricco di frutti rossi o cacao, conviene sostituire la banana con ingredienti che non interferiscono con questi composti, come lo yogurt naturale, l’avocado o il mango. Se invece si desidera un frullato a base di banana, nessuna controindicazione: può essere consumato serenamente, magari con latte o crema di arachidi, senza però aspettarsi un contributo rilevante di flavanoli.
Il concetto che emerge è chiaro e, al contempo, un po’ scomodo da accettare: non è sufficiente alimentarsi in modo sano, occorre anche prestare attenzione alle combinazioni alimentari. Una piccola variazione nelle nostre routine può generare un impatto notevole, specialmente quando crediamo di compiere quotidianamente la scelta più virtuosa possibile.
Fonte: Food & Nutrition