omeopatia italiani conoscono davvero

Indagine sull’omeopatia: gli italiani la conoscono davvero?

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Portentosi toccasana o semplici palliativi privi di qualsiasi efficacia? Quale è il valore che gli italiani assegnano alle cure omeopatiche? Questione complessa quanto sempre più ampiamente dibattuta quella che ruota attorno all’oomeopatia.

Nel nostro Paese a farla da padrona in merito è una disinformazione molto diffusa. Ci sono le posizioni estreme – un italiano su 10 considera granuli e gocce al pari delle pozioni magiche, dunque rimedi del tutto inefficaci, mentre altri esaltano le potenzialità terapeutiche delle cure omeopatiche – e nel mezzo si colloca la maggioranza della popolazione italiana, che confessa la propria scarsa conoscenza in materia.

Un italiano su 3, infatti, afferma che potrebbe ricorrere alle cure omeopatiche soltanto per malesseri leggeri, mentre uno su 4 rivela che non se ne servirebbe mai. Guardando ai dati numerici, ricavati attraverdo uno studio condotto su oltre mille abitanti della Penisola, emerge che il 16% degli italiani ha utilizzato almeno una volta nell’ultimo anno prodotti omeopatici ed il 7% li considera invece un riferimento abituale, da affiancare ai farmaci tradizionali.

Dall’analisi numerica passiamo al tentativo di tracciare un profilo dei fruitori di cure omeopatiche: si tratta principalmente di donne di mezza età, che si collocano su un piano socio culturale piuttosto alto. È un profilo che rispecchia la realtà? No, secondo Simonetta Bernardini, presidente della Società Italiana di Omeopatia e Medicina Integrata, la quale afferma “In verità, questa indagine non fotografa il reale bisogno di medicine complementari degli italiani, ma individua chi ha la possibilità di soddisfarlo: oggi di fatto usa l’omeopatia una fascia di popolazione che può avere accesso alle informazioni e può permettersi di pagare da sé i prodotti omeopatici“.

La situazione cambierebbe se si modificasse l’atteggiamento dei medici di base in merito all’omeopatia: quasi la metà del campione preso in esame, 4 persone su 10, sarebbero disposte ad orientarsi verso granuli ed affini, se fossero i medici di base a prescriverli. “Se i medici si aggiornano leggendo i dati della letteratura scientifica sull’omeopatia cambiano idea, la preclusione spesso dipende da un pregiudizio che è a sua volta frutto di scarsa conoscenza“, sostiene la Bernardini.

Emerge comunque, nella popolazione, l’interesse per prodotti che, in quanto naturali, vengono percepiti come potenzialmente meno aggressivi rispetto ai farmaci tradizionali, come chiarisce il dottor Ovidio Brignoli, vicepresidente della Società Italiana di Medicina GeneraleTra i fattori che spiegano il successo delle medicine complementari c’è la contrapposizione attuale fra i farmaci di sintesi chimica, ritenuti “cattivi” e dannosi, e i prodotti naturali “buoniper definizione, che sembra non possano far guai perché derivati da piante o altro. E conta anche la comune idea che le aziende farmaceutiche cerchino solo il business. Ma i progressi enormi della medicina degli ultimi 50 anni sono avvenuti anche grazie ai farmaci e oggi per molte malattie una terapia sicura ed efficace costa pochissimo: per curare l’ipertensione o il colesterolo si spendono in media pochi centesimi al giorno. Una cura omeopatica può costare, sempre in media, oltre un euro al giorno“.

Anche fattori di carattere economico, dunque, contribuiscono a frenare l’uso di rimedi omeopatici. Gli italiani, in ogni caso, non vi ricorrerebbero in modo indiscriminato, per curare qualsiasi patologia, ma soltanto per le meno gravi, come influenza stagionale, allergie o problemi gastrointestinali. Secondo il 76% degli intervistati, infatti, l’omeopatia è inefficace nel caso di malattie cardiovascolari, diabete o disturbi neurologici. Ed in ogni caso, i prodotti omeopatici non dovrebbero essere utilizzati nel momento in cui i sintomi si sono già manifestati, ma come prevenzione della patologia stessa. Come sostiene Bernardini “Non si può chiedere all’omeopatia di fare ciò che non può: si può ricorrere a un rimedio omeopatico prima di passare a un prodotto tradizionale, stimolando l’organismo e le sue capacità di autoguarigione e autoriparazione, ma se non si riesce esistono i farmaci standard. L’omeopatia non può curare un tumore, però può essere associata alle cure convenzionali per ridurre gli effetti collaterali. Non può risolvere certe malattie croniche, ma può diminuire il numero di farmaci da assumere“.

Dal quadro nazionale emerge dunque l’esigenza di una maggiore chiarezza in merito alle potenzialità e ai limiti dell’omeopatia, anche attraverso il supporto di una normativa più precisa in merito, che privi questo settore della medicina alternativa di quell’aura misteriosa di magia che la avvolge, e ne definisca competenze ed ambiti di applicazione.

Francesca Di Giorgio

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