Il momento privilegiato è la notte, quando l’oscurità sembra aiutare il nascondimento, o comunque quei periodi contrassegnati da un denominatore comune: la solitudine; la regola è la velocità; la sensazione finale è un riempimento che svuota e stordisce.
Stiamo parlando delle abbuffate compulsive, che rientrano tra i disturbi del comportamento alimentare e che rappresentano un problema tanto diffuso quanto inconfessabile. Perché già rompere il silenzio significa vedere una strada per uscire dal tunnel. Qual è la causa che spinge una persona ad un irrefrenabile desiderio di ingerire velocemente un’enorme quantità di calorie tutte in una volta, lasciandosi dominare completamente dal pensiero ossessivo del cibo?
Responsabile delle abbuffate compulsive è il cosiddetto ormone dell’ansia, CRF: è questa la scoperta compiuta da due studiosi della Boston University, Pietro Cottone e Valentina Sabino, attraverso una ricerca pubblicata sulla rivista Neuropsychopharmacology. I due ricercatori hanno svolto uno studio su ratti ai quali era stata indotta una dipendenza dal cibo, dimostrando come, attraverso l’iniezione di una molecola in grado di arrestare l’ormone CRF, si blocca il processo che conduce inesorabilmente alle abbuffate.
Chiarisce Cottone “Il meccanismo d’azione da noi scoperto e il possibile trattamento farmacologico riguarda tutte le forme di abbuffata compulsiva. Secondo noi dietro questo disturbo c’è appunto CRF, che aumenta nell’amigdala, il centro che genera ansia, durante l’astinenza da cibo, incrementando l’ansia. Iniettando una molecola che blocca CRF, i ratti smettono di essere ansiosi e non sentono più il bisogno di abbuffarsi“.
Quello condotto presso la Boston University si inserisce in un nutrito filone di studi che hanno preso in esame i disturbi del comportamento alimentare. Tra questi merita di essere segnalato in particolare uno che ha offerto interessanti spunti per rivalutare la tanto discussa realtà virtuale. Sembra, infatti, che proprio la messa in scena di una situazione di convivialità in svolgimento all’interno di una cucina virtuale abbia aiutato coloro che soffrono di fame nervosa a liberarsi dall’ossessione per il cibo. L’esperimento, infatti, svolto all’Università di Valencia, ha coinvolto circa 60 volontari, scelti tra persone sane ed altre con disturbi del comportamento alimentare, ai quali è stata mostrata una cucina virtuale nella quale si mangiava della pizza.
Con lo studio si è evidenziato che i soggetti con problemi nei confronti del cibo, dopo la conclusione del ciclo di terapia virtuale, presentavano una notevole riduzione del pensiero ossessivo di mangiare. Non resta dunque che attendere ulteriori sviluppi di questo filone terapeutico, nella speranza che possa contribuire ad alleviare le sofferenze, troppo spesso nascoste, di coloro che soffrono di un disturbo difficile da confessare.
Francesca Di Giorgio
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