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Più si cresce e più si è felici!

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Ebbene sì! Chi lo dice che sia la giovinezza l’età più spensierata e che diventare vecchi sia solo la fase calante della curva della vita?

Recentissimi studi hanno svelato proprio il contrario prendendo in esame, oltre al grado di soddisfazione e serenità che già precedentemente era stato appurato crescere con l’età, anche altri stati d’animo.

Quello che hanno fatto Arthur A. Stone, docente di Psichiatria alla Stony Brook University di New York e colleghi, è stato misurare il benessere psicologico su ben 340 mila persone per arrivare a ridisegnare la curva a U della felicità: è vero sì che da giovani si è felici, ma è altrettanto vero che attorno ai 50 anni c’è il picco invece del malessere. Se quindi vi sentite stanchi, depressi e assolutamente fuori forma, non preoccupatevi: presto risalirete la china e sarete ancora più felici di prima!

La felicità infatti toccherebbe i livelli più alti dopo la pensione – e come non potremmo essere felici nel poterla raggiungere noi italiani in un periodo come il nostro in cui il precariato la fa, letteralmente, da padrone?!

Lo studio dello Stone, basato su analisi e interviste su emozioni e stati d’animo, ne ha misurato le variazioni durante l’arco della vita e i suoi risultati sono stati confermati anche da altri ricercatori: David Blanchflower, docente di Economia al Dartmouth College negli Stati Uniti, e Andrew Oswald della Warwick Business School in Inghilterra. Confrontando 72 paesi, a parte Ucraina e Svizzera che costituiscono due eccezioni, i dati rivelano che il crollo della serenità non si ha da vecchi, ma tra i 40 e i 50 anni: in questa fascia di età in tutto il mondo si ha il picco di infelicità, con apice ai 46 – gli svizzeri ce l’hanno a 35, gli ucraini, contrariamente alla media, a 62.

Vediamo ora le curve delle altre emozioni correlate all’età: lo stress è massimo ai 25 anni via via diminuendo fino a scomparire dopo i 50; l’ansia cresce fino alla stessa età e poi declina rapidamente; la rabbia invece è in costante diminuzione con l’età; la tristezza invece è quasi permanente, ma l’apice è sempre attorno ai 50 anni per poi discendere e risalire dopo i 70. E come fin qui detto, la felicità ha un andamento speculare nel corso della vita, ma dopo i 50 continua a crescere, almeno fino ai 75.

Sorge allora spontanea la domanda: perché si è più felici da vecchi? In generale si diventa più accondiscendenti e malleabili, meno esigenti e pignoli, si hanno meno aspettative e quindi si riesce a vivere più serenamente quello che si ha senza pensare a quello che si potrebbe avere – e forse è proprio questo il segreto della vita, del vivere bene e del volersi bene!

Per quanto riguarda il nostro paese, il discorso potrebbe essere strettamente legato al lavoro. Stefano Bartolini , professore di Economia politica all’università di Siena e autore del libro il “Manifesto per la felicità” della Donzelli editore, spiega che “l’Italia è un caso unico in Occidente. Gli italiani chiedono al lavoro sempre di più. La spiegazione più plausibile è che questo accade perché ne trovano sempre meno”.

Il lavoro è diventato una vera e propria ossessione per gli italiani, e non solo per le pressioni che già di per sé crea a livello professionale e familiare il lavorare in sé, ma anche per tutti quei fattori che vi ruotano attorno: la sicurezza del posto, un buono stipendio, degli orari decenti e delle vacanze equilibrate, tutte cose che, purtroppo, per la maggior parte dei giovani italiani sembrano un miraggio. “Se la gente trova nella propria esperienza lavorativa sempre meno di ciò che conta, questo contribuisce al declino della soddisfazione” sempre nelle parole del Bartolini.

Tornando alla vecchiaia in generale, crescere e maturare aiuta senz’altro ad accettarsi e ad accettare la realtà e, si sa, gli anziani lo fanno molto di più. Avere la fortuna di potere stare a stretto contatto con questa fascia della popolazione che troppo spesso viene etichettata come non produttiva e “di peso” può svelare invece tanto a chi non sa proprio godersi la vita, tanto più che, paradossalmente, sono proprio loro a essere più produttivi proprio perché più soddisfatti. Tra l’altro è proprio nella terza età che rifioriscono le relazioni umane, forse anche perché si ha più tempo da dedicarvi e sicuramente queste sono ciò che può contribuire maggiormente a un grado di benessere psicologico maggiore.

E allora mettiamoci pure il cuore in pace se nel mezzo del cammino della vita non siamo del tutto felici e ci barcameniamo tra la sfera dell’agitazione e quella depressione – come le chiamano gli psicologi. Ma non disperiamo: diventare vecchi ci renderà più felici!

Valentina Nizardo

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