Giù di morale? Gli acquisti low cost come rifugio emotivo

Come mai sotto pressione cerchiamo conforto negli acquisti low cost? La scienza del comportamento spiega questo meccanismo

Capita a chiunque, specialmente quando la giornata pesa come un macigno e ogni cosa sembra richiedere uno sforzo enorme, non solo economico ma anche mentale. Ti ritrovi in un punto vendita dove i prezzi sono alla portata di tutti, vaghi tra le corsie, afferri una profumazione per ambienti, una tazzina, un qualsiasi articolo. Investi pochi spiccioli. Per qualche istante ti senti sollevato.

Non si tratta di frivolezza o di scarsa disciplina personale. È ciò che oggi viene definito consolazione attraverso gli acquisti economici: una modalità di autogratificazione discreta, comune, quasi impercettibile, che funziona esattamente perché è modesta, raggiungibile e non necessita di spiegazioni.

Il fenomeno del rossetto

Nel campo della psicologia e dell’economia del comportamento questo schema ha una denominazione specifica: fenomeno del rossetto. Descrive la propensione a incrementare le piccole spese gratificanti durante fasi di difficoltà economica e insicurezza generale. Non per impulso irrazionale, ma come risposta adattiva.

Uno studio apparso sul Journal of Behavioral and Experimental Economics ha esaminato le abitudini di consumo durante la Grande Recessione e ha evidenziato un elemento significativo: mentre numerose categorie di spesa diminuivano, quelle relative ai prodotti di bellezza crescevano, in particolare tra le donne più giovani. Non per apparire migliori agli occhi altrui, non per esigenze professionali. Ma perché, rinunciando ad abbigliamento e acquisti più onerosi, si ricercava comunque una modalità per prendersi cura di sé senza compromettere l’equilibrio finanziario.

In sostanza, quando la realtà appare ingestibile, la mente opta per ciò che è controllabile. Un piccolo acquisto rappresenta una scelta facile, tangibile, istantanea. Ed è esattamente questa caratteristica a renderlo rassicurante.

Come mai gli acquisti minimi ci confortano (senza risolvere realmente)

Dal punto di vista cerebrale, questi micro-acquisti innescano una reazione immediata di gratificazione. C’è l’elemento della novità, c’è la possibilità di decidere, c’è la percezione di aver compiuto un gesto per il proprio benessere. E c’è un aspetto cruciale: l’importo è contenuto, quindi il rimorso rimane minimo.

La questione non risiede nell’azione stessa. La criticità emerge quando scambiamo il momentaneo benessere con una vera risoluzione. Perché quella percezione positiva è effimera. L’articolo acquistato rimane, l’inquietudine no. O per essere precisi, ritorna. E frequentemente ci sorprendiamo a reiterare lo stesso comportamento, senza piena consapevolezza. Non per fragilità caratteriale, ma perché nessuno ci ha mai chiarito che in quell’istante non stiamo cercando un prodotto, stiamo cercando una tregua.

Comprenderlo non significa autocritica, ma autodifesa

Qui risiede il nucleo della questione, ed è anche l’aspetto più rilevante. Comprendere il funzionamento di questo meccanismo non implica smettere di acquistare, né condannare chi lo pratica. Significa diventare leggermente più consapevoli. Talvolta è perfettamente lecito concedersi quella modesta gratificazione, riconoscendola come un momento di tenerezza verso se stessi e non come una soluzione definitiva. Altre volte può essere sufficiente fare una pausa e domandarsi cosa ci serva veramente in quell’istante: tranquillità, quiete, una passeggiata all’aria aperta, un confronto con qualcuno.

La consolazione attraverso gli acquisti economici non descrive una fragilità personale, ma un malessere diffuso. Viviamo in un sistema che ci richiede di sostenere pressioni considerevoli, con strumenti insufficienti per gestire la tensione accumulata. È comprensibile cercare soluzioni immediate. Il vero progresso non consiste nel pensare “non dovrei comportarmi così”, ma nel riconoscere: “Adesso comprendo le ragioni di questo comportamento”. E da questa consapevolezza, decidere con maggiore compassione verso se stessi.

Fonte: Journal of Behavioral and Experimental Economics

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