“Attenti al vostro cervello e al vostro portafogli”. Si potrebbe pensare a un avviso per i passeggeri di chissà quale metropolitana del mondo eppure non è così.
È il monito lanciato dai ricercatori dell’Università della California che mettono in guardia: le pubblicità con testimonial sexy inibiscono l’attività celebrale e fanno comprare di più.
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Quando il sex appeal prende il sopravvento sulla razionalità
Proprio così. Noi fruitori dell’advertising siamo molto più propensi ad acquistare quando a promuovere un prodotto è una bella donna o un uomo affascinante, ma non perché acquistando quell’oggetto ci sembra di essere avvenenti come loro, bensì perché la bellezza manda in tilt le nostre capacità razionali e ci fa comprare d’impulso.
È dimostrato, infatti, che tutte le pubblicità che utilizzano una logica persuasiva, ovvero quelle che fanno vedere quanto quel prodotto sia buono o valido, sono meno efficaci di quelle che puntano sull’influenza non razionale. La dice lunga l’ultima serie di cartelloni esposti da un noto brand di intimi in cui ad indossare un bel paio di mutande maschili è una lei tutte curve con le braccia a coprire i seni…
Il potere delle emozioni nei processi di acquisto
Insomma, non compriamo una maglia perché c’è l’attore o l’attrice che dice quanto è resistente ai lavaggi, non scolorisce, non si ritira e dura nel tempo, bensì perché c’è Raoul Bova o Monica Bellucci che la indossano con una tale sensualità da annientare tutte le nostre difese razionali, gettandoci così in preda all’istinto e all’irrefrenabile desiderio di spendere e comprare.
Come ha detto il dottor Ian Cook – il medico che ha pubblicato i risultati della ricerca sul Journal of Neuroscience, Psychology and Economics – “viene da pensare che la pubblicità, più che vendere, voglia sedurre”.
E ce lo doveva dire lui?
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Lo studio dell’UCLA: cosa accade nel nostro cervello
Secondo la ricerca condotta all’Università della California di Los Angeles, le immagini sexy attivano le aree cerebrali coinvolte nella ricompensa e nella motivazione, inibendo quelle legate al pensiero critico e alla valutazione. In sostanza, ci rendono meno capaci di distinguere tra il valore reale di un prodotto e il fascino del contesto visivo in cui ci viene presentato.
Questo meccanismo è alla base del cosiddetto marketing emozionale, una strategia sempre più diffusa, che utilizza sentimenti, desideri e stimoli inconsci per influenzare le decisioni d’acquisto. E quando il testimonial è particolarmente attraente, il nostro cervello reagisce come se stesse ricevendo una ricompensa immediata, come il cibo o il sesso. Il risultato? Apriamo il portafogli senza pensarci troppo.
La pubblicità sexy funziona ancora?
Oggi, a oltre dieci anni dalla pubblicazione dello studio, il dibattito sull’efficacia delle pubblicità sexy è ancora aperto. Se da una parte continuano ad attirare l’attenzione, dall’altra il pubblico è diventato più attento e critico. Alcune aziende hanno addirittura deciso di abbandonare del tutto questo approccio per non risultare sessiste o fuori luogo, specialmente in un contesto dove l’immagine femminile e maschile viene sempre più tutelata da stereotipi.
Ciò non toglie che l’attrazione fisica rimanga un potente strumento comunicativo. Ma oggi le aziende puntano a integrarla con altri fattori: inclusività, autenticità, ironia e contenuti valoriali. In altre parole, non basta più un bel viso: serve un messaggio forte, coerente e rispettoso del pubblico.
Il rischio della manipolazione inconscia
L’uso di testimonial sexy nella pubblicità pone anche un problema etico: fino a che punto è lecito spingere il consumatore a comprare usando tecniche che bypassano la razionalità? È giusto stimolare aree del cervello legate al desiderio e all’emozione, soprattutto nei soggetti più vulnerabili, come adolescenti o persone fragili dal punto di vista psicologico?
Molti esperti sostengono che una comunicazione pubblicitaria debba puntare a informare e valorizzare il prodotto, piuttosto che sfruttare strategie manipolatorie. Eppure, il confine tra persuasione e manipolazione resta molto sottile, soprattutto quando si toccano corde così profonde e inconsce.
Come difendersi dalla pubblicità ingannevole
Il primo passo per difendersi è prendere consapevolezza dei meccanismi mentali che entrano in gioco. Sapere che le immagini seducenti possono inibire il pensiero critico ci aiuta a mettere una distanza tra lo stimolo pubblicitario e la nostra decisione di acquisto.
Qualche consiglio pratico per non cadere nella trappola del marketing sexy?
- Fermarsi un momento: prima di acquistare, chiedersi se davvero abbiamo bisogno di quel prodotto.
- Analizzare il messaggio: è basato su qualità concrete o solo su immagini emozionali?
- Confrontare alternative: guardare se ci sono proposte simili a prezzo inferiore o con maggiore qualità.
- Informarsi: leggere recensioni e opinioni reali da parte di altri utenti può aiutare a fare scelte più consapevoli.
Il ruolo dei social media: più che pubblicità, seduzione continua
Oggi, le strategie viste nello studio dell’UCLA si sono evolute: testimonial sexy non sono solo nei cartelloni pubblicitari, ma soprattutto su Instagram, TikTok, YouTube. Gli influencer, spesso selezionati per il loro aspetto fisico e appeal personale, fanno leva sullo stesso meccanismo di seduzione per promuovere prodotti e stili di vita.
Molti utenti si sentono vicini a queste figure e si fidano di loro, anche se – in fondo – stanno solo facendo pubblicità. Una differenza fondamentale rispetto al passato è che oggi la seduzione non è più dichiarata, ma si maschera da contenuto autentico, rendendo il messaggio ancora più penetrante e meno riconoscibile come tale.
Sedotti e (consapevolmente) consumatori
Che la pubblicità voglia sedurre è un fatto ormai certo. Ma essere sedotti non significa per forza essere manipolati. Conoscere i meccanismi psicologici dietro l’advertising sexy ci aiuta a mantenere il controllo e fare scelte più lucide e consapevoli.
La prossima volta che vedrete un’attrice famosa o un modello scolpito promuovere un prodotto, fate un respiro profondo e chiedetevi: “Mi serve davvero o sono stato solo… sedotto?”