Apatia, ansia, insonnia, perdita di concentrazione: sono alcuni dei sintomi che accompagnano la depressione, il “male oscuro” che sempre più frequentemente colpisce persone di ogni età. Negli ultimi anni la discussione si è spostata anche sull’ambiente in cui viviamo: le grandi città influenzano la salute mentale più di quanto si pensasse e, in alcuni contesti, aumentano il rischio di disturbi depressivi.
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Le prove più recenti: urbanizzazione e salute mentale
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, l’urbanizzazione è collegata a un aumento di depressione e ansia, legato a condizioni abitative inadeguate, inquinamento, mancata accessibilità a spazi verdi e a servizi per il benessere. Questi fattori rendono le città luoghi dove le disuguaglianze e le vulnerabilità possono tradursi in un peggioramento della salute mentale.
Meta-analisi e studi multicentrici condotti negli ultimi anni suggeriscono che l’effetto dell’urbanicità sulla depressione non è uniforme in tutto il mondo: nei paesi ad alto reddito la vita urbana tende a mostrare una prevalenza maggiore di disturbi depressivi rispetto alle aree rurali, mentre il quadro può essere diverso in paesi a basso e medio reddito. Questo significa che il rischio dipende sia dalle caratteristiche fisiche delle città sia dai contesti socioeconomici e dalle politiche pubbliche che ne regolano la qualità della vita.
Perché alcune aree cittadine fanno più male: il ruolo delle disuguaglianze
Analisi condotte su diversi quartieri urbani mostrano che non tutte le zone della città sono uguali: aree periferiche, con meno servizi, minore accesso agli spazi verdi, più degrado urbano e maggior insicurezza sociale tendono a registrare tassi più elevati di disturbi mentali. Elementi come la povertà, la scarsa rete sociale, la precarietà abitativa e il rumore continuo si sommano e favoriscono stress cronico, isolamento e sensazione di insicurezza — condizioni che alimentano l’insorgenza della depressione.
“Si è assodato che l’ambiente ha enormi responsabilità in termini di disturbi mentali – spiega Mariano Bassi, primario di Psichiatria all’Ospedale Niguarda di Milano e organizzatore del convegno – Diciamo che sulla depressione i cosiddetti elementi costituzionali incidono per il 50 per cento. Il restante 50 è collegato al contesto (anche sociale) in cui si vive. In alcuni miei studi ho ravvisato un diverso tono dell’umore tra gli abitanti di una quartiere e un altro”.
Questa osservazione — fatta a livello locale in città come Milano — è coerente con ricerche internazionali che mostrano come, indipendentemente dalle caratteristiche individuali, vivere in quartieri svantaggiati di grandi metropoli aumenti l’incidenza di disturbi mentali. Le politiche urbane che tengono conto solo dell’economia senza curare il tessuto sociale e l’ambiente rischiano quindi di incrementare problematiche sanitarie di lungo periodo.
Meccanismi possibili: stress, infiammazione e deprivazione sociale
Quali sono i meccanismi che legano ambiente urbano e depressione? La ricerca suggerisce diversi percorsi convergenti:
- Stress ambientale cronico: rumore, sovraffollamento, insicurezza e pressione economica mantengono il sistema di allerta biologico attivato (cortisolo, risposta infiammatoria) e riducono la capacità di recupero psicologico.
- Riduzione delle risorse sociali: l’urbanizzazione può aumentare l’isolamento, indebolire i legami di vicinato e diminuire il senso di comunità, tutti fattori protettivi contro la depressione.
- Inquinamento e salute cerebrale: esposizione prolungata a PM2.5 e altri inquinanti è stata associata a un peggioramento dell’umore e a un incremento dei disturbi depressivi.
- Mancanza di spazi verdi: la scarsità di natura in prossimità abitativa riduce le opportunità di recupero psicofisico e aumenta la vulnerabilità.
Dati globali: la depressione è in aumento e le città non ne sono estranee
La burden globale di depressione e disturbi d’ansia è aumentata significativamente nell’ultimo decennio, con un’impennata durante e dopo la pandemia da COVID-19. Il carico di anni vissuti con disabilità (YLDs) attribuito a questi disturbi è cresciuto, richiamando l’attenzione su come fattori sociali e ambientali — tra cui la vita urbana — contribuiscano a questa tendenza.
Non tutte le città sono uguali: il fattore mitigante degli spazi verdi
Uno dei fattori che emerge con più forza nella letteratura è il beneficio derivante dalla presenza e dall’accesso a spazi verdi. Studi recenti indicano che vivere vicino a parchi, alberature e aree naturali riduce il rischio di depressione e migliora il benessere mentale. Alcune ricerche quantificano questo effetto con riduzioni del rischio di circa il 15–25% in chi ha accesso regolare a natura urbana rispetto a chi ne è privo. Questo dato è essenziale per le amministrazioni che vogliono intervenire con politiche urbane preventive.
Chi è più a rischio: disparità di genere e fasce d’età
Le metropoli mostrano inoltre differenze per genere e età: le donne, in certi contesti urbani, riportano percentuali di disturbi depressivi più alte rispetto agli uomini, spesso per la sovrapposizione di responsabilità lavorative e familiari, maggiore esposizione a violenza di genere o precarietà sociale. I giovani adulti, infine, subiscono l’impatto di un mercato del lavoro instabile, costi abitativi elevati e isolamento sociale, fattori che possono innalzare il rischio depressivo.
Cosa possono fare le città: strategie di prevenzione e intervento
Le conclusioni pratiche che emergono dalla ricerca sono chiare: la prevenzione della depressione in contesti urbani richiede interventi multidimensionali.
Alcune strategie efficaci includono:
- Progettare città con più spazi verdi e accessibili, anche piccoli parchi di quartiere e corsi d’acqua riqualificati;
- Riqualificare le aree periferiche per migliorare servizi, sicurezza e opportunità di aggregazione sociale;
- Promuovere reti sociali di vicinato (centri di aggregazione, attività culturali, iniziative di comunità) per ridurre isolamento e fragilità;
- Integrare la salute mentale nelle politiche urbane, con screening, punti di ascolto e percorsi di cura facilmente accessibili nei quartieri;
- Ridurre l’esposizione a inquinanti attraverso strategie di mobilità sostenibile e controllo della qualità dell’aria.
La prevenzione inizia dalla città
Viviamo in un’epoca in cui la salute mentale non può più essere considerata separata dalle condizioni materiali e ambientali. Le città offrono opportunità ma anche rischi: pianificare in modo sostenibile, inclusivo e attento al benessere psicologico significa investire nella resilienza collettiva. Interventi mirati sulle aree più fragili, la diffusione di spazi verdi e politiche sociali che riducano le disuguaglianze possono contribuire in modo concreto a ridurre l’incidenza della depressione nelle metropoli.
“Il nostro obiettivo – dice Bassi – è consegnare alle Istituzioni dei dati che possano aiutarle a capire quali sono gli interventi prioritari, nonché a definire strategie di prevenzione su misura”.
Mettere insieme ricerca, politiche urbane e salute pubblica è oggi la strada più concreta per trasformare le città da fattori di rischio a contesti che favoriscono salute e benessere. Informarsi, partecipare ai processi di pianificazione locale e chiedere servizi di prevenzione e supporto psicologico nel proprio quartiere sono passi che cittadini e amministrazioni possono iniziare a fare subito.
Fonti principali: WHO (Urban health), Lancet (global burden depression/anxiety 2021), review/meta-analyses su urbanicity and depression (2023–2025), studi su effetti ambientali urbani sulla salute mentale, articoli sul ruolo degli spazi verdi.