Negli ultimi anni la scienza ha fatto importanti passi avanti nello studio della depressione, un disturbo che colpisce milioni di persone nel mondo e che spesso risulta resistente ai trattamenti convenzionali. Una delle frontiere più promettenti è la stimolazione magnetica transcranica ripetitiva (rTMS), una tecnica non invasiva che si è dimostrata efficace anche nei casi più complessi.
Indice
Cos’è la rTMS e come funziona
La rTMS è una terapia non farmacologica per la depressione maggiore, solitamente impiegata quando i trattamenti con antidepressivi non hanno prodotto risultati soddisfacenti. Secondo le stime più recenti, circa il 40% dei pazienti con depressione maggiore non risponde adeguatamente ai farmaci convenzionali, rendendo necessarie alternative terapeutiche.
Durante una sessione di rTMS, un’apparecchiatura con una bobina elettromagnetica viene posizionata sul cuoio capelluto del paziente. La bobina invia impulsi magnetici indolori che stimolano le cellule nervose in aree cerebrali coinvolte nel controllo dell’umore, in particolare la corteccia pre-frontale dorsolaterale.
Questo trattamento è già approvato da diverse autorità sanitarie internazionali, come la FDA (Food and Drug Administration) negli Stati Uniti, ed è impiegato anche in Italia presso alcuni centri specializzati in psichiatria e neuroscienze.
Lo studio pionieristico e la risonanza magnetica
Un gruppo di ricercatori canadesi ha recentemente condotto uno studio innovativo, pubblicato sull’American Journal of Psychiatry, per osservare in tempo reale gli effetti della rTMS sul cervello. Per farlo, i pazienti sono stati trattati con la rTMS mentre si trovavano all’interno di uno scanner per la risonanza magnetica funzionale (fMRI).
“Quando abbiamo iniziato questa ricerca, la domanda che ci ponevamo era molto semplice: volevamo sapere cosa succede al cervello quando viene somministrato il trattamento rTMS”,
spiega il dottor Fidel Vila-Rodriguez, professore presso il Dipartimento di Psichiatria dell’Università della British Columbia (UBC) e ricercatore presso il Djavad Mowafaghian Centre for Brain Health.
I risultati: quali aree cerebrali si attivano
I dati raccolti attraverso l’fMRI hanno mostrato che, stimolando la corteccia pre-frontale dorsolaterale, si attivavano simultaneamente anche altre aree cerebrali collegate alla regolazione delle emozioni, alla memoria e al controllo motorio. Questo significa che la rTMS produce un effetto a catena che coinvolge circuiti cerebrali più ampi di quanto si pensasse in passato.
Successivamente, i partecipanti hanno continuato il trattamento per altre quattro settimane, e i ricercatori hanno monitorato i miglioramenti clinici.
“Abbiamo scoperto che le regioni cerebrali attivate durante la rTMS-fMRI concomitante erano significativamente correlate a buoni risultati”,
ha affermato Vila-Rodriguez.
Un possibile biomarcatore per predire la risposta alla rTMS
Questo studio ha permesso di tracciare una sorta di “mappa di attivazione cerebrale” che potrebbe, in futuro, essere utilizzata per prevedere la risposta di un paziente alla rTMS.
“Dimostrando questo principio e identificando le regioni del cervello attivate dalla rTMS, possiamo ora cercare di capire se questo schema può essere usato come biomarcatore”,
continua il ricercatore.
Questa scoperta potrebbe rappresentare un passo fondamentale verso una psichiatria personalizzata, in cui le terapie vengono adattate non solo ai sintomi del paziente, ma anche alla sua risposta neurologica misurabile in laboratorio.
Oltre la depressione: nuove frontiere terapeutiche
Il dottor Vila-Rodriguez e il suo team stanno ora esplorando l’impiego della rTMS in altri ambiti, come il trattamento dei disturbi neurodegenerativi. Grazie a un finanziamento del Djavad Mowafaghian Centre for Brain Health, è in corso uno studio per verificare l’efficacia della rTMS nel migliorare la memoria nei pazienti con Alzheimer in fase iniziale.
In parallelo, un’altra ricerca finanziata dal Canadian Institutes of Health Research (CIHR) sta valutando se l’attivazione cerebrale durante la rTMS possa essere correlata a variazioni nella frequenza cardiaca, un biomarcatore fisiologico più semplice e accessibile da rilevare.
rTMS: vantaggi, limiti e accessibilità
La rTMS presenta numerosi vantaggi: è non invasiva, generalmente ben tollerata, non richiede anestesia e ha un basso rischio di effetti collaterali. I più comuni sono lieve mal di testa o fastidio locale nel punto di stimolazione, ma raramente si presentano effetti più gravi.
Uno dei principali ostacoli alla diffusione della rTMS è il costo del trattamento, che in molti Paesi non è ancora rimborsato dal sistema sanitario. In Italia, alcuni centri universitari e ospedali pubblici offrono questo trattamento in regime convenzionato, ma la disponibilità è ancora limitata.
Chi può beneficiarne?
La rTMS è indicata per pazienti affetti da depressione maggiore resistente ai farmaci. Tuttavia, si stanno aprendo nuove prospettive anche per il trattamento di disturbi d’ansia, disturbo ossessivo-compulsivo (DOC), fibromialgia e dipendenze.
Verso una nuova era della psichiatria
Questa ricerca rappresenta una svolta importante nella comprensione dei meccanismi neurobiologici della depressione e dei suoi trattamenti. Dimostrare che la rTMS attiva specifiche regioni cerebrali associate al miglioramento dei sintomi significa aprire la strada a interventi più mirati ed efficaci.
Con il supporto delle nuove tecnologie di neuroimaging e l’adozione di approcci sempre più integrati, la medicina mentale del futuro potrebbe essere in grado non solo di trattare i sintomi, ma di personalizzare le cure sulla base del profilo cerebrale del paziente.
In un contesto in cui la depressione è in costante aumento e si parla sempre più di “pandemia silenziosa”, strumenti come la rTMS rappresentano una risorsa preziosa per chi cerca risposte quando tutto il resto sembra non funzionare.