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Disturbo da deficit di attenzione e iperattività: cosa fare

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Comprendere il ruolo delle emozioni e delle componenti affettivo-relazionali nelle problematiche legate al Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività (ADHD) e individuare gli strumenti di intervento.

Sono stati questi i temi al centro del III Convegno Regionale AIDAI Toscana, dal titolo “Attenzione ed emozioni: la componente affettivo-relazionale nel Disturbo da Deficit dell’Attenzione e Iperattività”, realizzato in collaborazione con l’Ufficio Scolastico Regionale della Toscana e svoltosi lo scorso 1° dicembre ad Arezzo.

L’ADHD (Attention Deficit Hyperactivity Disorder) è un disturbo neurobiologico dell’età evolutiva caratterizzato da disattenzione, impulsività e iperattività motoria. I soggetti con ADHD, che in Italia sono circa l’1% nella fascia d’età che va dai 6 ai 18 anni, presentano difficoltà di concentrazione, si distraggono facilmente, hanno difficoltà a stare fermi e non sono in grado di controllare il loro comportamento impulsivo.

Non ci si può, infatti, limitare a trattare gli aspetti neuro-psicologici del disturbo ADHD; anche le emozioni sono importanti perché strettamente collegate sia all’attenzione che al comportamento. Per questo motivo abbiamo deciso di dedicare il convegno di quest’anno alla componente emotiva. – Dice la Dottoressa Sara Pezzica, Psicologa-Psicoterapeuta e Presidente AIDAI Toscana – Si può, infatti, parlare di emozione quale “balsamo” per migliorare l’attenzione nei bambini con ADHD a scuola, a casa e in tutti i contesti di vita“.

E sulle emozioni, come hanno mostrato gli esperti, è possibile intervenire con pratiche psicologico-educazionali mirate, diverse a seconda del contesto di vita. Quanto al contesto familiare, l’associazione organizza ogni anno dei gruppi di “parent training“, per insegnare ai genitori delle strategie comunicative efficaci. Per quanto riguarda l’ambito scolastico bisogna, invece, considerare che il bambino in classe vive in un gruppo che, spesso, comprende bambini con disturbi dell’apprendimento o handicap specifici. Grazie a interventi di educazione assistita e ai laboratori di classe è però possibile fare in modo che i compagni cooperino tra loro piuttosto che vengano isolati i soggetti “difficili”.

Ogni intervento terapeutico, inoltre, va adattato alle caratteristiche del soggetto: età, gravità dei sintomi, disturbi secondari, situazione famigliare e sociale, e deve essere inquadrato nell’ambito di un approccio “multimodale”, ovvero una terapia cognitivo-comportamentale e/o psico-educativa. Nei casi più gravi, alla terapia multimodale può essere associato anche un trattamento farmacologico, quando strettamente necessario, che deve essere intrapreso solo se indicato dal neuropsichiatra infantile. Per la corretta gestione del paziente è importante impostare da subito il protocollo di cura più idoneo.

In questo senso la diagnosi precoce è fondamentale, soprattutto quando ci si trova ad affrontare bambini con ADHD e con disturbi psichiatrici concomitanti come, ad esempio, i disturbi della condotta.

Il Disturbo della Condotta, che si manifesta con comportamenti antisociali (ad esempio aggressività fisica, vandalismo, inganni e raggiri), mostra infatti una coesistenza con l’ADHD. C’è una percentuale non trascurabile di bambini con ADHD, tra il 25 e il 40%, che nel tempo sviluppano anche comportamenti aggressivi.

Non è ancora completamente nota la relazione tra i due disturbi, anche se manifesta. Diversi studi mostrano che questi soggetti avrebbero difficoltà a rappresentare le conseguenze delle proprie azioni per le altre persone non tanto cognitivamente, ma affettivamente (deficit di empatia affettiva).– afferma il dottor Daniele Fedeli, Ricercatore di Pedagogia Speciale all’Università di Udine – Se il bambino è emotivamente “piatto”, cioè ha difficoltà a sperimentare e riconoscere le emozioni dell’altro, c’è un rischio maggiore che esso possa compiere azioni aggressive senza avvertire senso di colpa o imbarazzo. Per far recuperare ai bambini la capacità affettiva è necessario individuare i soggetti a rischio di un’evoluzione problematica per poter attuare interventi terapeutici tempestivi“.

L’incontro è stato patrocinato dall’Istituto Superiore di Sanità, USL 8 Arezzo, Provincia di Arezzo, Associazione Italiana Ricerca e Intervento nella Psicopatologia dell’Apprendimento (AIRIPA), Società Italiana Terapia Comportamentale e Cognitiva (SITCC), Ordine degli Psicologi della Toscana e Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza (SINPIA).

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