Studio scientifico dimostra come i solarium danneggiano il DNA cutaneo su tutto il corpo e triplicano il rischio di melanoma mortale
Una recente indagine scientifica ha finalmente fatto luce sul motivo per cui i solarium rappresentano un fattore di rischio significativo per il melanoma, la variante più pericolosa di tumore della pelle. Lo studio evidenzia come l’esposizione ai raggi UV artificiali non danneggi soltanto le zone irradiate direttamente, ma provochi alterazioni genetiche pericolose che si estendono praticamente all’intera superficie corporea, lasciando segni indelebili nel patrimonio genetico cutaneo.
La ricerca è stata realizzata da esperti della Northwestern Medicine insieme all’Università della California di San Francisco, che hanno esaminato migliaia di documenti sanitari e analizzato il DNA di singole cellule epidermiche prelevate da individui con storia di utilizzo di lampade abbronzanti e da persone che non ne avevano mai fatto uso.
Le conclusioni sono state chiare e preoccupanti. Chi ha utilizzato i solarium ha mostrato un rischio di sviluppare melanoma quasi triplicato rispetto a chi non li ha mai frequentati. Ancora più significativo è il fatto che le alterazioni genetiche associate al cancro sono emerse anche in regioni corporee normalmente poco esposte al sole, come la zona lombare inferiore e i glutei.
I risultati, pubblicati sulla rivista Science Advances, costituiscono la prova biologica più convincente mai ottenuta del collegamento diretto tra abbronzatura artificiale e danneggiamento diffuso della cute umana, con conseguenze che possono persistere a lungo e favorire la comparsa del melanoma.
Indice
L’abbronzatura artificiale non è meno dannosa di quella naturale
Il melanoma rappresenta la tipologia più letale di neoplasia cutanea e negli Stati Uniti causa circa 9.000 morti all’anno. Già dagli anni Ottanta e Novanta, quando i solarium hanno iniziato a diffondersi massicciamente, i dermatologi avevano osservato un fenomeno preoccupante: chi frequentava abitualmente le lampade abbronzanti sviluppava melanomi in età precoce e in aree corporee atipiche, diverse da quelle solitamente colpite dall’esposizione solare diretta.
Per molto tempo, però, è mancata una spiegazione a livello molecolare. Questo gap conoscitivo è stato utilizzato dal settore dell’abbronzatura artificiale per affermare che i solarium non fossero più rischiosi del sole. Un’affermazione che non ha mai persuaso il dottor Pedram Gerami, docente specializzato in tumori cutanei presso la Feinberg School of Medicine della Northwestern University.
Gerami, dermatologo con oltre vent’anni di attività nel trattamento del melanoma, aveva notato uno schema ricorrente: numerose pazienti erano donne giovani, sotto i 50 anni, spesso con melanomi multipli, tutte accumunate da una pratica specifica. L’utilizzo dei lettini solari.
Per confermare scientificamente queste osservazioni cliniche, il gruppo di ricerca ha messo a confronto circa 3.000 individui che avevano utilizzato lampade abbronzanti con altrettanti soggetti comparabili che non le avevano mai usate. Il melanoma è stato diagnosticato nel 5,1% dei frequentatori di solarium, contro il 2,1% dei non utilizzatori. Anche considerando età, genere, episodi di scottature e predisposizione familiare, l’abbronzatura indoor risultava collegata a un incremento del rischio di melanoma pari a 2,85 volte.
Alterazioni genetiche e mutazioni estese a tutto il corpo
Per indagare cosa accadesse a livello cellulare, gli scienziati hanno esaminato campioni cutanei provenienti da tre categorie differenti. La prima comprendeva 11 pazienti con melanoma e una prolungata storia di frequentazione di solarium. La seconda includeva nove persone che non avevano mai utilizzato lampade abbronzanti, ma con caratteristiche analoghe per età e fattori di rischio. Un terzo gruppo di controllo era formato da sei donatori post mortem.
Mediante il sequenziamento genetico a singola cellula, sono stati analizzati 182 melanociti, le cellule produttrici di pigmento da cui origina il melanoma. Le cellule dei soggetti che avevano frequentato i solarium presentavano quasi il doppio delle mutazioni rispetto ai gruppi di controllo e mostravano con maggiore frequenza modifiche genetiche già riconosciute come associate allo sviluppo del melanoma.
L’elemento più sorprendente riguarda la localizzazione di queste alterazioni. Nell’esposizione solare naturale, i danni si concentrano principalmente nelle zone più esposte. Nei soggetti che frequentavano i solarium, invece, le medesime mutazioni pericolose erano distribuite su quasi tutta la superficie del corpo.
Come ha chiarito Gerami, con l’esposizione solare naturale “circa il 20% della cute subisce il danno principale”, mentre con i lettini abbronzanti l’irradiazione ultravioletta intensa colpisce uniformemente l’intera superficie corporea. Persino la pelle apparentemente integra, priva di lesioni visibili, mostrava alterazioni genetiche iniziali che predispongono al cancro, un dato mai documentato prima con tale precisione.
Dalle tendenze estetiche alle conseguenze permanenti sulla salute
Tra i donatori dei campioni esaminati figura anche Heidi Tarr, 49 anni, che da adolescente frequentava i solarium due o tre volte alla settimana. Era una consuetudine diffusa, considerata normale, legata a un modello estetico condiviso da amiche e personaggi famosi. Anni dopo, una lesione sulla schiena si è rivelata essere un melanoma, trasformando radicalmente la sua esistenza.
All’operazione chirurgica sono seguiti anni di monitoraggi continui e oltre quindici biopsie, tra sofferenza fisica e un’inquietudine costante. Nonostante tutto, Tarr ha deciso di partecipare alla ricerca per contribuire al progresso scientifico e aiutare altre persone a comprendere i rischi concreti dei solarium.
Strategie sanitarie, regolamentazioni e prevenzione
Secondo Gerami, l’insieme delle evidenze cliniche e genetiche richiede una riflessione approfondita sulla prevenzione. Proibire l’accesso ai solarium per i minori dovrebbe rappresentare il requisito minimo indispensabile. Molti pazienti hanno iniziato a esporsi in età adolescenziale, quando erano più sensibili alle pressioni sociali e alle strategie di marketing del settore dell’abbronzatura.
Il docente ritiene che i solarium dovrebbero riportare avvertenze analoghe a quelle presenti sui pacchetti di sigarette. Non a caso, l’Organizzazione Mondiale della Sanità li ha classificati come cancerogeni di classe 1, al pari di tabacco e amianto.
La differenza, oggi, è che i danni sono documentabili direttamente nel DNA delle cellule della pelle. Per chi ha frequentato abitualmente i solarium in passato, la raccomandazione è inequivocabile: effettuare un controllo dermatologico completo e pianificare verifiche periodiche, poiché la prevenzione rimane lo strumento più efficace contro il melanoma.
Fonte: Science Advances