I batteri nella vagina possono causare shock tossico

Alcuni batteri presenti nella vagina potrebbero esseri pericolosi e, in certi casi, letali

Alcuni batteri presenti nella vagina potrebbero esseri pericolosi e, in certi casi, letali. È quanto rivela uno studio condotto dalla University of Western Ontario, in Canada, secondo il quale alcuni batteri della famiglia degli streptococchi – come lo Staphylococcus aureus – potrebbero produrre una tossina che provoca la cosiddetta sindrome da shock tossico, mettendo in pericolo la vita.

La tossina in questione è chiamata TSST-1 e viene prodotta solo in determinate condizioni ambientali, che variano a secondo del ph e degli altri tipi di batteri che abitano nella vagina. Secondo gli scienziati, potrebbe essere sconfitta per mezzo di alcuni ceppi di batteri come il Lactobacillus.

Il dottor Gregor Reid e colleghi hanno esaminato i tamponi vaginali raccolti da un gruppo di donne clinicamente sane, da un gruppo a stadio intermedio di batteriosi e da un gruppo di donne affette da vaginosi batterica. Successivamente, hanno cercato di identificare le varie specie di batteri che si trovavano nella vagina delle partecipanti. Infine hanno valutato l’impatto della TSST-1 per mezzo di alcuni test.

Diversi sono i batteri rinvenuti durante l’indagine. «In particolare – spiega Reid – lo Streptococcus agalactiae, spesso indicato come streptococco di gruppo B, un organismo di particolare preoccupazione durante un parto vaginale, che aumenta la produzione di tossine di 3,7 volte».

Ma si è anche scoperto che vari tipi di Lactobacilli hanno debellato la produzione della tossina TSST-1 del 72%.

«Questi esperimenti – continua Reid – sottolineano che per una corretta cura clinica delle donne, abbiamo bisogno di conoscere tutti i tipi di batteri presenti nella vagina». Secondo lo studioso, le colture biologiche sono inadeguate, perché si basano sull’esperienza dell’osservatore. Inoltre, alcuni batteri non sono adatti a crescere nelle colture, mentre altri non sono stati sottoposti a coltura.

«Abbiamo bisogno di migliorare notevolmente il modo in cui diagnosticare le infezioni e determinare il rischio d’infezione delle donne – conclude Reid – Un modo potrebbe essere quello di migliorare la nostra capacità di manipolare il microbiota (con probiotici) al posto degli antibiotici ad ampio spettro che sono stati sviluppati quarant’anni fa, e non sono molto efficaci nella vagina, e certamente non progettati per neutralizzare le tossine».

Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Applied and Environmental Microbiology.

Silvia Bianchi

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