Il convivio natalizio si trasforma in una serie tragicomica con battute riciclate e momenti involontariamente comici tra una portata e l'altra.
Il convivio natalizio inizia ben prima di accomodarsi a tavola. Ha inizio nel momento in cui qualcuno pronuncia la fatidica frase “siamo solo noi” e immediatamente comprendi che non uscirai da quella casa prima del calar del sole. La tavola è allestita con dedizione quasi toccante. L’atmosfera, però, è già densa come se il pasto fosse iniziato da tempo. Tutti simulano un’energia inesistente e tu prendi posto con quella precisa consapevolezza: questo copione lo conosco a memoria, eppure devo riviverlo ancora.
Non esiste una vera narrazione, bensì una sequenza di piccoli accadimenti che si ripropongono immutati anno dopo anno. La scenografia è costante: ambiente riscaldato, finestre sigillate “per evitare correnti”, sedute ravvicinate al punto da eliminare ogni spazio personale. Tu intervieni raramente, osservi attentamente e cerchi di non esprimere opinioni definitive prima della portata iniziale. L’esperienza insegna.
Indice
La puntata iniziale: stuzzichini e menzogne innocenti
Inizialmente tutto procede senza intoppi. L’aperitivo rappresenta la fase in cui ciascuno interpreta la propria versione ottimale, esattamente come i protagonisti di Friends quando appaiono sorridenti nonostante abbiano appena discusso dietro le quinte. Si discute di traffico, condizioni meteorologiche, di come “stavolta siamo in pochi”. È l’istante più tranquillo dell’intera giornata, e per questo motivo ha una durata brevissima.
I protagonisti fissi: immutabili ma loquaci
La nonna comanda senza spostarsi dal suo posto. Non necessita di alzare il tono: le è sufficiente un’occhiata. Stabilisce cosa rappresenta il Natale, cosa no, e chi non ha mangiato abbastanza. Se presti attenzione, sotto il tintinnio delle stoviglie, potresti percepire la colonna sonora de Il Padrino. La zia, critica, scruta in silenzio, raccoglie osservazioni e poi ne rilascia una apparentemente casuale, che ti accompagna mentre mastichi.
C’è sempre chi parla senza sosta, persuaso di alleggerire il clima, ma in realtà lo appesantisce, come certi protagonisti di Boris: intervengono per migliorare e complicano tutto. “Così, de botto. Senza senso”. E poi ci sei tu, che avevi pianificato di restare in ombra, hai tentato fino all’ultimo di evitare sguardi altrui e invece sei già coinvolto completamente. Perché durante le feste nessuno rimane veramente distaccato.
Prima puntata: l’epopea del convivio
L’antipasto costituisce ancora zona franca. Tutti simulano moderazione, qualcuno dichiara “solo un assaggio” e tu comprendi che il termine “poco” è meramente astratto. La prima portata giunge quando non hai ancora terminato gli antipasti, ma nessuno lo nota, perché durante le festività il tempo segue regole proprie: si dilata, si contrae, svanisce. E il tuo stomaco si trasforma in un buco nero che farebbe invidia a Stephen Hawking.
Si avviano conversazioni che non conducono ad alcuna destinazione, ma si protraggono comunque. Sono dialoghi circolari, che iniziano da un argomento e vi ritornano senza mai raggiungere una conclusione. Medesimi temi, identiche espressioni, stessi epiloghi incompiuti. Tu ascolti, annuisci, mastichi lentamente e realizzi che siete appena all’inizio.
La seconda portata rappresenta il momento cruciale. Arriva quando sei al limite della capacità, ma devi simulare entusiasmo, perché “è Natale, dopotutto!”.
Seconda puntata: il colpo di scena tra portata principale e contorno
Non è un dialogo pianificato. È un’affermazione espressa male, nell’istante sbagliato, con quell’atteggiamento da “tanto era risaputo”. Nessuno reagisce immediatamente. Segue un silenzio breve ma densissimo, uno di quelli che percepisci fisicamente. Poi qualcuno tenta una battuta, qualcun altro risponde asciutto, e improvvisamente lo scontro è servito, anche se nessuno lo definisce tale.
È una disputa composta, seduta, civile. Nessuno innalza il tono, ma tutti hanno qualcosa da esprimere. Si rinfacciano vicende passate, si correggono particolari irrilevanti, si discute d’altro fingendo che non sia precisamente ciò di cui si sta parlando. Tu continui a mangiare, perché interrompersi sarebbe peggiore, e intanto rifletti che questa scena non era nel programma ufficiale, ma si verifica ogni anno.
Terza puntata: la suspense del brindisi col dessert
Il brindisi sopraggiunge subito dopo, iniziato dalla nonna “capofamiglia” che nel frattempo presenta il dolce, come se nulla fosse accaduto. Ed è qui che si attiva la vera abilità del pranzo natalizio: ignorare deliberatamente. I calici si sollevano, qualcuno pronuncia “alla famiglia”, qualcun altro aggiunge una frase eccessivamente melensa per essere autentica. Si sorride oltre il necessario, si ride senza comprendere realmente il motivo.
È un istante sospeso. Nessuno chiarisce, nessuno conclude davvero. Tutto rimane lì, sotto la tavola, insieme alle sedie ravvicinate e alle parole trattenute. Tu osservi la scena e comprendi che questa non è una conclusione: è semplicemente il punto in cui si sceglie di procrastinare tutto all’anno successivo.
L’epilogo: tregua precaria e spossatezza collettiva
Il pranzo termina quando si esaurisce la resistenza emotiva. Si sparecchia gradualmente, come se nessuno desiderasse realmente chiudere l’episodio. Qualcuno afferma che l’anno venturo organizzerà qualcosa di più semplice. È una frase consolatoria, non un impegno concreto. Ci si congeda con affetto genuino e una leggera soddisfazione: anche stavolta ce l’abbiamo fatta.
Il pranzo natalizio non risolve nulla, non chiarisce questioni, ma diverte proprio per questo motivo. Sempre identico, sempre leggermente imperfetto, sempre inevitabile.