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Mucca pazza: ricercatori italiani scoprono cause del contagio

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È quasi impossibile dimenticare l’allarme mondiale che ci fu qualche anno fa relativo alla malattia di Creutzfeldt-Jakob. Se questo nome non vi riporta alla mente nulla, di certo il ricordo del “morbo della mucca pazza” è ancora vivo nella vostra memoria.

In pratica si scoprì che alcune mucche erano state colpite da una morbo che le rendeva folli e le loro carni potevano trasmettere la malattia a distanza di molti anni anche all’uomo.

L’Europa in particolar modo mise a bando quasi tutta la carne bovina e ci fu la paura di mangiare questo alimento sia in casa che nei ristoranti o fast food. Ci fu il panico collettivo che portò ad una crisi degli allevamenti e degli esercizi commerciali, Ma poi con il passare dei mesi, l’allarme è rientrato e non si è più saputo nulla della “mucca pazza”, sostituita da altre emergenze più nuove e interessanti.

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Però le ricerche su questa malattia bovina non sono mai terminate ed è proprio delle ultime settimane la notizia che, grazie ad un team italiano, è stato scoperto il meccanismo del contagio del virus che porta alla degenerazione dei neuroni. Il merito va dato alla squadra guidata da Roberto Chiesa, ricercatore dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri di Milano e dell’Istituto Telethon Dulbecco.

Si è capito che la fonte della malattia è a livello molecolare: bisogna analizzare il meccanismo tossico dei prioni, le proteine che danno origine al virus, per bloccare la sua diffusione sul nascere. La ricerca è iniziata studiando il cervelletto, cioè la parte del cervello che regola i movimenti del corpo: è proprio in questa zona che il morbo colpisce portando dei seri danni al corpo.

Chiesa ha spiegato nel dettaglio i risultati dello studio: “Abbiamo studiato quello che succede nel cervelletto, l’area del cervello che controlla i movimenti, prima che inizi la degenerazione neuronale. Abbiamo visto che in corrispondenza dei primi deficit motori si ha un’alterazione nel rilascio di un particolare messaggero chimico cerebrale, il neurotrasmettitore glutammato. Questo perché, accumulandosi all’interno del neurone, la proteina prionica alterata ostacola il trasporto sulla superficie della cellula di un’altra proteina, un canale per il calcio voltaggio-dipendente, coinvolta nel regolare il rilascio dei neurotrasmettitori“.

La soluzione per evitare lo sviluppo del virus e la trasmissione del morbo l’ha svelata lo stesso Chiesa: “Ripristinare il corretto trasporto dei canali per il calcio potrebbe dunque rivelarsi la chiave per evitare la degenerazione dei neuroni, ma naturalmente resta ancora molto da capire e da scoprire sui meccanismi con cui questo avviene“.

La medicina, grazie alla ricerca, fa passi in avanti e questa volta il merito è tutto made in Italy nonostante le grandi difficoltà e i tagli di fondi statali per sostenere la ricerca scientifica nei laboratori italiani. Un grande obiettivo che può dare maggiore forza alla lotta dei nostri ricercatori.

Lazzaro Langellotti

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