bambine e matematica

Bambine e matematica: tutto dipende dai pregiudizi materni

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Uomini e donne, l’abbiamo detto tante volte, appartengono a due pianeti diversi, inesorabilmente attratti l’uno dall’altro e destinati ad incontrarsi, ad incrociare le loro orbite, spesso ad entrare in collisione. Le differenze esistono, è innegabile.

Questa volta vogliamo chiederci: quante diversità tra l’universo maschile e quello femminile sono connaturate nella natura stessa dei due generi e quante invece indotte dalla cultura, dalla mentalità, dai luoghi comuni? Si parte da piccoli, piccolissimi: il celeste per lui, il rosa per lei, le bambole e le pentoline per le bimbe, i robot e le pistole per i maschietti, il mondo delle favole, della poesia e del sogno per lei, la matematica, le scienze esatte per lui.

Non vi stiamo esortando a vestire il vostro bambino con una maglietta rosa pastello e a regalargli bamboline, ma per quanto riguarda lo sviluppo delle facoltà intellettive è forse opportuno sgombrarci il campo dagli stereotipi per consentire ai piccoli di crescere con vedute aperte, e con piena fiducia nelle loro potenzialità.

Care mamme, quante volte davanti ad un’insufficienza in matematica di vostra figlia avete detto “Sì, devi impegnarti di più, ma del resto, anche io non andavo d’accordo con i numeri, la matematica non è fatta per noi donne “? Sappiate che frasi come questa, o dal contenuto simile, incidono pesantemente sulle possibilità della bambina di recuperare quel brutto voto e di affrontare serenamente i problemi di geometria o le operazioni aritmetiche.

Secondo quanto emerge da uno studio compiuto presso l’Università di Bologna, che prossimamente verrà pubblicato sulla rivista statunitense Developmental Psychology, le bambine possono diventare brave in matematica solo se le madri danno loro fiducia, mostrandosi quindi libere da stereotipi legati ad una divisione delle materie scolastiche in base al genere sessuale.

Gli studiosi hanno preso in esame 124 bambine, di età compresa tra i 5 ed i 7 anni, ai quali sono state raccontate due storie con protagoniste femminili: nella prima la donna era rigidamente rispondente a stereotipi di genere, nella seconda invece si presentava molto più libera da questi. Al termine delle narrazioni alla bambine è stato chiesto di effettuare disegni inerenti le storie ascoltate. Contemporaneamente i genitori sono stati sottoposti ad un questionario nel quale si richiedeva loro se «i maschi di solito sono più portati delle femmine in matematica» e se «le femmine di solito sono più brave nelle materie artistiche e linguistiche che in matematica». Come risultato è emerso che circa un terzo dei genitori ha dichiarato di riconoscersi nello stereotipo che lega la propensione per le materie scientifiche o letterarie al genere sessuale.

L’adesione a questi luoghi comuni, da parte delle madri, ha una fortissima influenza sul risultato scolastico delle bambine. Alunne con madri condizionate da clichè di genere avevano effettivamente un rendimento più scarso in matematica: i loro risultati erano inferiori persino del 15% a quelli di bambine con madri libere da pregiudizi.

I ricercatori hanno potuto osservare il forte legame esistente tra l’opinione delle madri e le capacità delle figlie: un condizionamento, quello materno, molto più forte di qualunque altro proveniente dall’esterno; anche davanti alla narrazione di storie che le invitavano a riflettere sulla loro appartenenza ad un genere, infatti, bambine che non avevano ereditato precisi stereotipi dalle madri, dimostravano di non subire influenze da parte di quei racconti che evocavano un certo tipo di donna, aderente a clichè tradizionali. “È sorprendente che già a 5 anni le bambine possano essere inconsapevolmente condizionate da stereotipi relativi al genere – sostiene Carlo Tomasetto, ricercatore dell’ateneo bolognese, che prosegue – i nostri esperimenti suggeriscono che se riusciamo a ridurre gli stereotipi in ambito familiare, potremmo davvero contribuire a migliorare i risultati delle bambine in matematica. In alcuni paesi nordici il gap coi maschi risulta di fatto azzerato e in alcuni casi ribaltato (Islanda), mentre in Paesi come l’Italia, Turchia o Grecia è ancora piuttosto pronunciato”.

Del resto, secondo il codice civile, uno dei compiti dei genitori è quello di “educare la prole tenendo conto delle capacità, dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli”. E come escludere che davanti alla vostra bambina ci sia un futuro da erede di Einstein?

Francesca Di Giorgio

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