donne e disturbi alimentari

Donne e disturbi alimentari: la colpa è dei mass media

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Dito puntato contro i media ancora una volta. Questa volta, a pagare lo scotto di una pubblicità martellante sono le donne, il cui rapporto con il cibo diventa spesso difficoltoso a causa dei messaggi contraddittori lanciati dai mezzi di comunicazione.

I dati dello studio: quando il cibo diventa un problema

A dimostrarlo è uno studio condotto all’Università di Montreal, diretto dalla dottoressa Gauvin e pubblicato sul International Journal of Eating Disorders. La ricerca ha analizzato il comportamento alimentare di 1.500 donne, intervistate telefonicamente. Le partecipanti, con un’età media di 31 anni, non presentavano disturbi alimentari gravi, ma hanno comunque mostrato segnali preoccupanti.

Ecco i principali risultati dello studio:

  • Circa il 13,7% delle donne è vittima del cosiddetto binge eating, ovvero l’irrefrenabile impulso di abbuffarsi, che si verifica con una frequenza tra una volta a settimana e 5-7 volte al mese.
  • Il 28% pratica attività fisica con l’unico scopo di perdere peso, anziché per migliorare la salute o il benessere generale.
  • Il 2,5% delle partecipanti utilizza metodi estremi per controllare il proprio peso, come lassativi, diuretici o vomito autoindotto.

Questi dati mettono in luce quanto sia diffuso il rapporto conflittuale con il cibo e con il proprio corpo, anche in assenza di diagnosi di disturbi alimentari.

Il ruolo dei media: tra pressioni estetiche e messaggi contraddittori

La dottoressa Gauvin e il suo staff non hanno dubbi: i mass media hanno una responsabilità importante nel plasmare queste dinamiche.

“Le donne sono incoraggiate a perdere peso, ma allo stesso tempo a mangiare per semplice piacere”,

spiega la Gauvin.

Da un lato, siamo bombardati da diete miracolose, allenamenti per bruciare calorie e prodotti dimagranti; dall’altro, ci troviamo davanti immagini di cibi appetitosi e pubblicità che celebrano il piacere del cibo.

Questi messaggi ambivalenti generano confusione e alimentano un ciclo di abbuffate e sensi di colpa. La società promuove un ideale irraggiungibile di magrezza, ma al contempo spinge verso il consumo eccessivo, creando un corto circuito psicologico che colpisce molte donne.

Le conseguenze sulla salute fisica e mentale

Questa pressione costante non ha solo un impatto estetico, ma anche psicologico e fisico. Episodi di binge eating possono portare a un aumento di peso indesiderato, che a sua volta alimenta un senso di colpa e di insoddisfazione verso il proprio corpo.

Nei casi più gravi, il ricorso a metodi drastici come il vomito autoindotto può causare seri problemi di salute, tra cui:

  • Disidratazione e squilibri elettrolitici, con ripercussioni su cuore e reni.
  • Danni gastrointestinali, come reflusso acido e infiammazione dell’esofago.
  • Impatto psicologico, con aumento del rischio di ansia, depressione e isolamento sociale.

Come contrastare questa tendenza

Per spezzare questo ciclo, è fondamentale promuovere un rapporto più sano con il cibo e con il corpo.

Ecco alcune strategie utili:

  1. Educazione alimentare: imparare a riconoscere i segnali di fame e sazietà e a scegliere cibi che nutrano il corpo senza sensi di colpa.
  2. Ridimensionare il ruolo dei media: sviluppare un pensiero critico verso i messaggi pubblicitari e scegliere contenuti che promuovano la diversità dei corpi.
  3. Supporto psicologico: parlare con professionisti può aiutare a gestire le emozioni e i comportamenti legati al cibo.

Leggi anche: Giornata nazionale disturbi alimentari: come prevenirli

Una donna su 10 oggi si abbuffa e poi si sente in colpa. Fragilità del nuovo millennio? No, piuttosto il risultato di una pressione sociale che non dà tregua. È importante ribaltare il paradigma, scegliendo di valorizzare il corpo per ciò che può fare, anziché per come appare, e costruendo un rapporto più equilibrato con il cibo.

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Giornalista pubblicista, classe 1977, laurea con lode in Scienze Politiche, un master in Responsabilità ed etica di impresa e uno in Editing e correzione di bozze. Direttore di wellme per tre anni, scrive per greenMe da dieci. È volontaria Nati per Leggere in Campania