Passare troppo tempo in ufficio può avere gravi conseguenze sulla salute mentale. Secondo una ricerca anglo-finlandese condotta su oltre 2.000 impiegati pubblici inglesi tra i 35 e i 55 anni, e pubblicata su PLoS ONE, lavorare più di 11 ore al giorno aumenta di ben due volte e mezzo il rischio di depressione rispetto a chi svolge il classico orario da 8 ore.
Lo studio sottolinea un aspetto ormai sempre più evidente: il lavoro eccessivo, lontano dall’essere sinonimo di produttività e dedizione, può diventare un serio fattore di rischio per la salute psicologica. E con l’aumento del lavoro ibrido e dell’iper-connessione, il confine tra casa e ufficio si fa sempre più labile, peggiorando il quadro complessivo.
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Chi è più a rischio
Secondo la ricerca, le categorie più colpite da questo fenomeno sono:
- i giovani, spinti a fare carriera o a soddisfare esigenze economiche e familiari;
- le donne, spesso sovraccaricate dal doppio ruolo tra lavoro e famiglia;
- i lavoratori a basso reddito, che contano sugli straordinari per aumentare il proprio guadagno mensile.
Chi invece gode di uno stipendio elevato e ha un ruolo professionale soddisfacente sembrerebbe meno esposto, anche se non completamente immune, ai rischi del lavoro eccessivo. Tuttavia, come sottolinea la dottoressa Marianna Virtanen del Finnish Institute of Occupational Health,
“sebbene lavorare di più possa aver occasionalmente apportato dei benefici individuali e sociali, è altrettanto importante riconoscere che lavorare per troppe ore al giorno espone a un rischio maggiore di depressione”.
Quando il lavoro prende il sopravvento sulla vita
Lavorare troppo può avere un impatto profondo sulla qualità della vita. La mancanza di tempo libero si traduce in meno ore da dedicare a sé stessi, alla famiglia, agli amici e alle attività ricreative, con conseguente perdita di equilibrio psico-fisico. Inoltre, il senso di colpa per non essere “abbastanza produttivi” porta molti a prolungare l’orario di lavoro, finendo per alimentare un circolo vizioso di burnout e insoddisfazione.
Non si tratta solo di stress momentaneo: lavorare troppo può portare anche a disturbi del sonno, problemi di ansia, calo dell’autostima e, nei casi più estremi, veri e propri episodi depressivi. E ciò si riflette anche sulla qualità del lavoro svolto: chi è stanco e sopraffatto sarà meno attento, meno creativo e meno efficiente.
Lavoro ibrido: vantaggi e insidie
Negli ultimi anni, soprattutto dopo la pandemia, molte aziende hanno introdotto il lavoro da remoto o in modalità ibrida. Se da un lato questo ha portato flessibilità e vantaggi logistici, dall’altro ha accentuato la difficoltà nel mantenere una netta separazione tra vita privata e lavorativa.
Le email fuori orario, le call a orari improbabili e l’assenza di una vera pausa pranzo sono diventati abitudini consolidate. In molti casi, ciò ha portato a un allungamento involontario della giornata lavorativa, aumentando il rischio di stanchezza cronica e alienazione.
Come proteggere la propria salute mentale
Fortunatamente, ci sono diverse strategie per preservare il benessere psicofisico, anche se si lavora molto:
- Stabilire orari fissi: evitare di prolungare il lavoro oltre l’orario previsto e spegnere PC e notifiche quando si finisce;
- Fare pause regolari: alzarsi dalla scrivania ogni 90 minuti aiuta a rigenerare mente e corpo;
- Coltivare hobby e relazioni: dedicare tempo a passioni e persone care è fondamentale per il benessere emotivo;
- Praticare attività fisica: anche una passeggiata di 30 minuti al giorno può fare miracoli contro stress e ansia;
- Parlare con qualcuno: se si avvertono segnali di disagio, rivolgersi a uno psicologo o a un professionista del benessere può essere molto utile.
Il ruolo delle aziende
Non tutto, però, può essere demandato ai lavoratori. Le aziende hanno un ruolo cruciale nel garantire che i propri dipendenti non vengano schiacciati da ritmi insostenibili. Favorire una cultura aziendale attenta al work-life balance, promuovere il benessere mentale e offrire supporto psicologico, sono passi fondamentali per migliorare l’ambiente lavorativo e aumentare la produttività in modo sano e sostenibile.
Molte realtà più evolute hanno già adottato politiche flessibili, giornate di digital detox e progetti di welfare aziendale mirati a ridurre il rischio di burnout e migliorare la qualità della vita dei lavoratori.
Meno straordinari, più equilibrio
Lavorare con passione è importante, ma lo è ancora di più imparare a staccare la spina. Le ore in più in ufficio, se diventano la regola, possono compromettere non solo il nostro umore, ma anche la nostra salute nel lungo termine.
Il messaggio che emerge dallo studio è chiaro: non è solo questione di produttività, ma di qualità della vita. Imparare a rispettare i propri tempi, dare priorità al benessere e chiedere supporto quando serve non è un segno di debolezza, ma di intelligenza.
In fondo, come diceva John Lennon, “Il tempo che ti piace sprecare non è sprecato”. E ogni tanto, spegnere il computer un po’ prima è la cosa più saggia che possiamo fare.