In occasione della Giornata Mondiale contro il Lupus eritematoso sistemico, celebrata ogni anno il 10 maggio, è fondamentale porre l’attenzione su una patologia che colpisce prevalentemente le donne in giovane età, spesso con diagnosi tardive e impatti significativi sulla qualità della vita.
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Il lupus: una malattia che colpisce soprattutto le giovani donne
Il lupus eritematoso sistemico (LES) è una malattia autoimmune cronica che può coinvolgere diversi organi e tessuti. In Italia, si stima che oltre 60.000 persone siano affette da LES, con un’incidenza maggiore tra le donne in età fertile, rappresentando circa il 90% dei casi.
La malattia può manifestarsi con sintomi variabili e aspecifici, rendendo la diagnosi spesso complessa e ritardata. I sintomi includono affaticamento, dolori articolari, eruzioni cutanee e febbre, che possono essere facilmente confusi con altre patologie.
Impatto sulla vita lavorativa e familiare
Secondo un’indagine condotta dall’Osservatorio Nazionale sulla salute della Donna e di genere (O.N.Da), il LES ha un impatto significativo sulla vita lavorativa e familiare delle pazienti. Circa il 20% ha dovuto accettare lavori part-time o abbandonare posizioni di responsabilità, mentre il 35% ha rinunciato al lavoro a causa dell’impossibilità fisica di mantenere a lungo impegni o per la necessità di sottoporsi a continui controlli medici.
La gestione della maternità rappresenta un’altra sfida: il 37% delle donne non ha portato avanti una gravidanza a causa del LES e il 25% ha rinunciato o si sente limitata ad avere un figlio.
Il ritardo diagnostico: una problematica persistente
Uno degli aspetti più critici nella gestione del LES è il ritardo nella diagnosi. In Italia, il tempo medio per ottenere una diagnosi corretta è di circa 20 mesi. Questo ritardo è spesso dovuto alla mancanza di sintomi specifici e alla scarsa conoscenza della malattia da parte dei medici di medicina generale. Solo il 25% dei medici di famiglia si dichiara in grado di riconoscerne i sintomi.
“Il principale problema del Lupus – spiega Pierluigi Meroni, Direttore del Dipartimento di Reumatologia dell’Istituto Ortopedico Gaetano Pini – è legato al ritardo diagnostico, di circa un anno dall’insorgenza della malattia, a causa dell’assenza di sintomi specifici.”
Nuove prospettive terapeutiche
Negli ultimi anni, la ricerca ha portato a significativi progressi nel trattamento del LES. Una delle novità più promettenti è l’impiego di terapie a base di cellule CAR-Treg, che hanno dimostrato efficacia in modelli preclinici.
Inoltre, l’Istituto Gaslini di Genova ha sperimentato un approccio innovativo nel trattamento del lupus nefritico, la forma più grave e frequente del LES, utilizzando anticorpi monoclonali in combinazione con altre terapie.
Nonostante non esista ancora una cura definitiva, le terapie disponibili consentono di tenere sotto controllo la malattia, prevenendo il danneggiamento degli organi e migliorando la qualità della vita dei pazienti.
Importanza della diagnosi precoce e dell’informazione
La diagnosi precoce è fondamentale per migliorare la prognosi del LES. Intervenire tempestivamente con terapie specifiche può evitare danni irreversibili e migliorare significativamente la qualità della vita dei pazienti. È essenziale aumentare la consapevolezza sulla malattia sia tra i medici che nella popolazione generale, promuovendo campagne informative e formazione specifica per i professionisti della salute.
Organizzazioni come O.N.Da e il Gruppo LES Italiano ODV svolgono un ruolo cruciale nel supportare le pazienti, offrendo informazioni, risorse e assistenza per affrontare al meglio la malattia.
Il lupus eritematoso sistemico rappresenta una sfida significativa, soprattutto per le giovani donne. Tuttavia, grazie ai progressi nella ricerca e all’impegno delle organizzazioni dedicate, si aprono nuove prospettive per una gestione più efficace della malattia e un miglioramento della qualità della vita delle pazienti.