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RU486, in poche la scelgono. Roccella mette in guardia

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La pillola abortiva sembra non riscuotere molto successo. In Liguria, ad esempio, solo una donna ha scelto il nuovo metodo per abortire. Ma al momento è l’unico caso ad aver preferito la RU486, rispetto al tradizionale intervento.

Ciò non significa che non vi siano stati aborti – se ne contano dieci – ma che le altre donne non l’hanno scelta. Alessio Parodi, direttore generale dell’ospedale di Sampierdarena, dove avverrà il trattamento con la pillola abortiva ha riferito: “Nessuno ci ha chiesto la pillola“.

Dicono lo stesso anche altri colleghi. “Dieci Ivg per questa settimana ed altrettante per la prossima – dice il direttore sanitario del San Martino, Gianni Orengo – ma tutte col vecchio metodo“. Stessa situazione anche negli ospedali di Imperia, Sanremo, Lavagna, La Spezia, Savona e Santa Corona di Pietra Ligure.

Pier Luigi Venturini, coordinatore regionale della rete dei ginecologi, sposta però l’attenzione su un altra considerazione: “Le difficoltà sono le sette settimane entro le quali si può praticare l’aborto farmaceutico. I tempi di somministrazione sono di appena 15 giorni dal ritardo dell’ultima mestruazione e non consentono una scelta serena e ponderata“.

La decisione di abortire dovrebbe invece essere a lungo presa in esame, cosa che con i tempi della pillola abortiva non è possibile. A mettere in guardia su questa tecnica è anche il sottosegretario alla Salute, Eugenia Roccella, che ai microfoni di UnoMattina ha ribadirto la sua posizione: “La prevenzione dell’aborto diventerà impossibile se si diffonde a macchia d’olio l’uso della pillola RU486′‘. E in merito al ricovero in ospedale aggiunge: “È vero che se una donna firma per lasciare l’ospedale non può essere trattenuta perché non si tratta di un sequestro ma l’aborto farmacologico può essere equiparato in termini di sicurezza a quello chirurgico, solo a patto che la donna sia sotto il diretto controllo dei medici in ospedale. La sua mortalità è dieci volte superiore rispetto a quello chirurgico’‘.

Conclude infine: “Questo non è l’aborto facile, ma è un aborto più difficile, più rischioso, più doloroso e con una sicurezza minore, molte più complicazioni“.

Francesca Mancuso

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Giornalista pubblicista specializzata in Editoria, Comunicazione Multimediale e Giornalismo. Nel 2011 ha vinto il Premio Caro Direttore e nel 2013 ha vinto il premio Giornalisti nell’Erba grazie all’intervista a Luca Parmitano.