Social network quotidiani: bambini a rischio deficit di attenzione

Studio svedese rivela: esposizione quotidiana ai social network compromette gradualmente le capacità dei più piccoli

Massima cautela con le piattaforme social: per i più piccoli, l’utilizzo costante rappresenta un serio pericolo. Una ricerca condotta dal Karolinska Institutet in Svezia ha evidenziato come i minori che dedicano molte ore a queste piattaforme manifestino un progressivo deterioramento delle capacità attentive.

L’esposizione agli schermi e ai contenuti digitali è cresciuta in maniera esponenziale negli ultimi quindici anni, periodo durante il quale gli specialisti hanno registrato un marcato aumento delle diagnosi di ADHD, disturbo caratteristico dell’età evolutiva.

Comprendere l’ADHD

L’ADHD (sigla di ‘Attention deficit hyperactivity disorder‘, N.d.R.) rappresenta un disturbo del neurosviluppo che colpisce bambini e adolescenti – come spiega l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) – e si manifesta attraverso iperattività, impulsività e difficoltà di concentrazione, emergendo tipicamente entro i primi 7 anni di vita

Secondo l’American Psychiatric Association, l’ADHD costituisce una condizione persistente caratterizzata da disattenzione e/o iperattività-impulsività con intensità superiore rispetto a quanto normalmente osservato in coetanei con analogo sviluppo.

I minori affetti da ADHD faticano a portare a termine attività che richiedono attenzione prolungata – chiarisce l’ISS – appaiono incapaci di ascoltare quanto viene loro comunicato, mostrano vivacità eccessiva, corrono o si arrampicano ovunque, saltano continuamente sulle sedie, si lasciano distrarre con estrema facilità, parlano incessantemente, rispondono impulsivamente senza attendere la fine della domanda, non sanno attendere il proprio turno nelle file o nei gruppi, possono sviluppare gravi difficoltà scolastiche con conseguente ritardo rispetto ai compagni e ripercussioni emotive

Le nuove evidenze scientifiche

Gli studiosi hanno ora indagato un potenziale legame tra l’esposizione agli schermi e la sintomatologia riconducibile all’ADHD, monitorando 8.324 minori di età compresa tra 9 e 10 anni negli Stati Uniti per un periodo di quattro anni.

I partecipanti hanno dichiarato quanto tempo dedicavano alle piattaforme social, alla visione di programmi televisivi e video, e ai videogiochi, mentre i genitori hanno fornito valutazioni sui livelli di attenzione e iperattività/impulsività dei figli.

Le conclusioni sono state inequivocabili: i minori che dedicavano molte ore alle piattaforme come Instagram, Snapchat, TikTok, Facebook, Twitter o Messenger manifestavano progressivamente sintomi di deficit attentivo, mentre non è emersa alcuna correlazione con la fruizione televisiva o l’utilizzo di videogiochi.

La nostra ricerca indica che sono specificamente le piattaforme social a compromettere le capacità attentive dei bambini – afferma Torkel Klingberg, responsabile dello studio – I social network generano continue interruzioni attraverso messaggi e notifiche, e persino l’aspettativa di ricevere un messaggio può fungere da distrazione mentale. Questo compromette la capacità di mantenere la concentrazione e potrebbe chiarire l’associazione riscontrata

La correlazione emersa non risulta inoltre condizionata dal contesto socioeconomico o da una predisposizione genetica all’ADHD, e i minori che già presentavano sintomi di disattenzione non hanno incrementato l’utilizzo dei social, suggerendo che sia l’esposizione ai social a determinare i sintomi e non il contrario.

Gli studiosi non hanno rilevato incrementi nel comportamento iperattivo/impulsivo: l’effetto sulla concentrazione è stato contenuto a livello individuale, ma su scala demografica potrebbe avere un impatto rilevante.

Un utilizzo più intenso delle piattaforme social potrebbe spiegare in parte l’incremento che stiamo osservando nelle diagnosi di ADHD, sebbene questo disturbo sia associato anche all’iperattività, che non è aumentata nel nostro studio

Le misure necessarie

I ricercatori evidenziano che i risultati non significano che tutti i minori che utilizzano i social sviluppino problemi di concentrazione, ma esiste ragione per discutere limiti anagrafici e progettazione delle piattaforme.

Nello studio, il tempo medio dedicato ai social è passato da circa 30 minuti giornalieri per i bambini di 9 anni a 2,5 ore per i tredicenni, nonostante numerose piattaforme stabiliscano l’età minima di accesso a 13 anni.

Questa soglia anagrafica non è arbitraria: secondo una ricerca internazionale svolta in 40 nazioni che ha coinvolto oltre 100.000 giovani adulti tra 18 e 24 anni, coloro che hanno ricevuto il primo smartphone prima dei 13 anni presentavano tassi significativamente più elevati di ideazione suicidaria, aggressività, ansia, bassa autostima e alterazioni dell’umore.

Auspichiamo che i nostri risultati supportino genitori e decisori nell’adottare scelte informate su un consumo digitale sano che favorisca lo sviluppo cognitivo dei bambini

dichiara Samson Nivins, coautore della ricerca

Gli studiosi intendono ora proseguire il monitoraggio dei bambini oltre i 14 anni per verificare se questa associazione permanga anche in fasi successive dello sviluppo.

Lo studio, sostenuto dallo Swedish Research Council e dalla Masonic Home for Children Foundation di Stoccolma, è stato pubblicato su Pediatrics Open Science.

Fonti: Karolinska Institutet / Pediatrics Open Science

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