Le donne di Taranto e provincia potrebbero aver subito dei seri danni biologici a causa delle emissioni inquinanti provenienti dall’Ilva, comprendenti sostanze tossiche come la diossina, che potrebbero essere la causa diretta di casi di sterilità femminile. È quanto desidera accertare il Comitato Taranto Lider.
Da parte del presente comitato è stata esposta una denuncia al fine di verificare se il danno biologico subito dalle donne residenti nella città di Taranto e in provincia, che si sono ritrovate ad essere affette da problemi come endometriosi e infertilità, possa essere considerato come una conseguenza diretta dell’esposizione alle emissioni inquinanti provenienti dall’area dello stablimento dell’Ilva.
L’endometriosi è una malattia che interessa l’utero, le ovaie e gli organi riproduttivi femminili, che vede la presenza anomala del tessuto che caratterizza la parete interna uterina in altri organi, come le ovaie e le tube. Si tratta di una malattia della quale in provincia di Taranto è stata riscontrata un’incidenza elevata, per via della quale è lecito siano sorti dei dubbi in merito ad un suo collegamento all’inquinamento industriale presente nella zona.
L’infertilità è purtroppo una diretta conseguenza dell’endometriosi. È stato rilevato come le donne residenti nella provincia di Taranto abbiano dimostrato di avere una bassa risposta alle stimolazioni ovariche, un basso tasso di ovociti e di gravidanze. La diossina avrebbe un effetto negativo sulla riuscita dei cicli di fecondazione assistita a cui le donne si sottopongono per poter avere una gravidanza superando i problemi legati alle loro condizioni di salute.
La denuncia per ottenere chiarezza in proposito verrà presentata sulla base dei dati concreti riportati sulle cartelle cliniche delle pazienti e raccolti da parte dei medici che si stanno occupando e si sono occupati dei casi di endometriosi e di infertilità nel tarantino. Saranno necessari ulteriori studi per comprendere la correlazione tra inquinamento da diossina, e non solo, e infertilità femminile. Chiedere e ricevere risposte è un diritto delle pazienti, così come ricevere informazioni corrette, che in merito verranno diffuse anche mediante l’installazione di gazebi e punti informativi nella zona nel corso dei prossimi giorni.
Marta Albè