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Le staminali sono cellule salvavita. Passaparola!

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Da tempo si parla dell’importanza delle cellule staminali nella cura di molte patologie. Non sempre, però, si sceglie di sfruttarne tutte le potenzialità.

Attualmente, ha spiegato Eberhard Lampeter, presidente di Cord Blood Europe, l’associazione europea delle banche private di sangue cordonale (non a scopo di lucro), “sono meno di 400mila i campioni di cellule staminali conservati presso strutture pubbliche e private. E questo, continua Lampeter, nonostante i 5,4 milioni di bambini che nascono ogni anno in Europa”. Praticamente si conservano solo 5 cordoni su cento: insomma un vero e proprio spreco. Ma perché accade questo? Perché conservare il cordone ombelicale non è ancora diventata una scelta scontata per tutti? Le motivazioni sono varie e vanno dalla scarsa informazione, a questioni di carattere morale e forse anche a una legislazione che non sempre aiuta e sostiene chi desidera intraprendere questo percorso.

Vediamo però di capire subito cosa sono e dove si trovano questi veri e propri tesori che la natura e la scienza ci mettono a disposizione. Le cellule staminali possono essere embrionali o adulte: le prime si trovano nell’embrione fino al quarto giorno dal concepimento, le altre sono presenti, tra l’altro, nel sangue del cordone ombelicale e nel midollo osseo. Il bello delle cellule staminali adulte è che esse non sono “differenziate”, sono cioè capaci di trasformarsi nelle varie cellule del sangue, oltre che in quelle del tessuto nervoso, cardiaco, pancreatico ed epiteliale. Insomma possono essere usate all’occorrenza.

Le cellule staminali da cordone ombelicale si raccolgono al momento del parto, sia naturale che cesareo, prelevando il sangue presente nella placenta e nel cordone. Si tratta di una procedura sicura e indolore, sia per la madre che per il nascituro, perché avviene nella fase che precede lo smaltimento del cordone e della placenta. Esse oggi possono essere conservate e riutilizzate per curare oltre 100 patologie a cui potrebbe andare incontro il bambino, come i tumori, la leucemia e il diabete. Ma non solo. Possono infatti servire anche a fini “solidaristici o allogenici” cioè in favore di persone diverse da quelle da cui le cellule sono prelevate.

In Italia però non è consentita la conservazione per uso unicamente “autologo”, cioè personale del sangue del cordone ombelicale, tranne nei casi in cui sia presente, tra i parenti del nascituro, una patologia per la quale è riconosciuto clinicamente valido e appropriato l’utilizzo terapeutico delle cellule staminali. In tale caso si tratta di “donazione dedicata” e le cellule staminali, conservate gratuitamente nelle banche italiane, sono esclusivamente a disposizione del soggetto al quale sono state dedicate.

In ogni caso è ormai chiaro che le cellule staminali del cordone ombelicale sono un patrimonio troppo prezioso perchè possa andare perso. Per questo motivo bisognerebbe informare tutti i futuri genitori sul potenziale di queste cellule salvavita, evitando così che finiscano tra i rifiuti biologici della sala parto. Non bisogna infatti dimenticare che, come ricorda in più riprese lo stesso Lampeter, oltre al momento del parto “non c’è una seconda opportunità di raccogliere il sangue cordonale” e rischiamo così di perdere una grande occasione per ipotecare la salute futura dei nostri bambini.

Rosamaria Freda

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