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Infarto: grazie ai micro RNA il cuore può auto-ripararsi

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Il cuore potrebbe auto-ripararsi e ricominciare a battere a seguito di un infarto grazie ad alcune molecole di RNA che avrebbero la capacità di sollecitare la moltiplicazione di cellule in grado di risanarlo. Gli esperti si sono occupati di individuare delle sostanze biologiche in grado di stimolare la rigenerazione del cuore.

Le ricerche in proposito sono state condotte da parte di un gruppo di ricercatori italiani appartenenti al Centro internazionale per l’ingegneria genetica e le biotecnologie (Icgeb) di Trieste. Il gruppo di espert è stato guidato dal direttore Mauro Giacca, in collaborazione con il Centro cardiovascolare dell’Azienda ospedaliera universitaria di Trieste.

Gli esperti hanno potuto individuare 40 microRNA considerati in grado di stimolare la riparazione cardiaca, che sarebbero in grado di agire sulle cellule cardiache danneggiate da un infarto o semplicemente dall’età, portandole ad un’autoriparazione. Nel corso della vita adulta le cellule cardiache non sono in grado di rigenerarsi da sé, ad esempio dopo un infarto. Per questo motivo gli scienziati si sono impegnati ad individuare sostanze che ne possano stimolare la rigenerazione.

Alcune di esse sono rappresentate da microRNA che risultano attivi durante lo sviluppo embrionale, ma che esauriscono il loro compito subito dopo la nascita. Quando essi vengono somministrati ad un cuore colpito da un infarto, si rivelano in grado di permettere che la moltiplicazione dei cardiomiociti venga rimessa in moto, in modo tale che la riparazione dei danni subiti da parte del cuore possa avvenire.

In questo modo non si formerebbe una cicatrice come invece avviene normalmente, secondo quanto reso noto da parte degli esperti, ma si avrebbe semplicemente la moltiplicazione di nuove cellule cardiache. Tale scoperta potrebbe condurre alla creazione di farmaci da somministrare immediatamente dopo un infarto in modo da agevolare l’autoriparazione del cuore attraverso la rigenerazione delle zone danneggiate. Il numero di interventi chirurgici potrebbe diminuire e un numero maggiore di vite riuscirebbero ad essere salvate in tempo.

Marta Albè

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