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Dagli Usa i prima vasi sanguigni in provetta

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La scienza continua a dare i propri frutti. Il team di ricercatori dell’Università di Washington a Seattle, coordinato da Ying Zheng, ha sviluppato i primi vasi sanguigni in provetta con interazioni e risposte allo stress molto simili a quelli naturali.

Un traguardo che aiuterebbe a studiare malattie, a sperimentare farmaci e a dare un impulso nuovo alla medicina rigenerativa grazie alla possibilità di realizzare tessuti artificiali vascolarizzati.

Per realizzare i vasi sanguigni in 3D gli studiosi hanno dovuto costruire una rete di piccoli canali di collagene dalla struttura a nido d’api all’interno dei quali hanno iniettato le cellule che rivestono le pareti interne dei vasi sanguigni dell’uomo prelevate da cordone ombelicale – le cosiddette cellule endoteliali.

Dopo una quindicina di giorni le cellule si sono moltiplicate, generando una rete di vasi. Successivamente i vasi sono stati irrorati di cellule vascolari del cervello e cellule delle arterie per verificare le relazioni tra i vasi stessi e le cellule che li rivestono. Dopo ancora è stato iniettato del sangue nei vasi in modo tale da poter appurare se il sistema costruito fosse in grado di trasportarlo. Infine i vasi sono stati trattati con un composto infiammatorio, dimostrando di essere in grado di reagire nella stessa maniera dei vasi sanguigni naturali quando si infiammano per un trauma o una malattia.

Un risultato questo che apre nuove opportunità per la cura di malattie che sempre più affliggono le persone nel mondo, in primis il tumore e il diabete. Ed inoltre, come afferma la dottoressa Federica Sangiuolo, genetista dell’università di Roma Tor Vergata, “la costruzione di un’impalcatura artificiale potrebbe essere il punto di partenza per rendere possibile la ricostruzione ex novo di organi inesorabilmente danneggiati, con l’ausilio di protocolli di terapia cellulare. In tal modo in un prossimo futuro potremmo bypassare le problematiche relative alle limitate fonti di donazione d’organo e al loro possibile rigetto“.

Il risultato dello studio è stato pubblicato sulla rivista dell’Accademia di Scienze Americane (Pnas).

Fabrizio Giona

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