Fonte foto: ©Reuters

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Terremoto in Emilia Romagna: molti disagi per la popolazione

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Ore di attesa e tensione. Chissà se sarà una buona giornata, oggi, chissà se sarà un pomeriggio fortunato, chissà se la terra sarà clemente e se la tensione smetterà di farsi sentire. Magari ci sarà una relativa pace, così che tutto possa sembrare di essere tornato alla normale routine.

Del resto, vivere nell’allarme continuo è impossibile. La ragione umana soccombe ad un segnale di pericolo ripetuto nel tempo e si abitua praticamente a tutto. L’allerta resta alta, ma si avverte sempre di più il bisogno di tornare alla solita vita.

Ma la solita vita non c’è più. Si è sgretolata insieme agli edifici pubblici, che scandiscono i ritmi delle esistenze dei cittadini. Niente più scuole, uffici comunali e chiese. Nessun lavoro e nessuna possibilità di prevedere il futuro.

Le vittime accertate sono 26. E gli sfollati di questo terremoto sono circa 16.000. Vivi, certo, ma in attesa. Hanno una tenda, per casa, e l’incertezza come compagna di tutte le ore. Aspettano che succeda qualcosa, che la situazione si plachi, che le loro abitazioni siano esaminate e dichiarate agibili, così da poterci rientrare. Come se non fosse angosciante abitare in un luogo violato dalla natura e che ha dimostrato tutta la sua fragilità. Come se fosse facile dimenticare la paura e quella sensazione di impotenza che ogni evento traumatico lascia sulla psiche.

Secondo gli esperti, il 70% dei terremotati rischia il disturbo post traumatico da stress. Insonnia, attacchi di panico, crisi d’ansia, sindromi depressive. I danni architettonici ed economici sono quelli più facili da constatare. Ma ogni essere umano ha una complessa emotività che è stata profondamente sconvolta dal sisma. Mancano punti di riferimento, certezze e speranze. Manca la routine, la consolante e noiosa vita di tutti i giorni, con i piccoli obblighi ei riti che riescono a dare una certa stabilità alla maggior parte delle persone.

Nella benestante Italia, dove tutte le tragedie sembrano stemperarsi in risate grasse e confortanti e l’attenzione al dolore ha durata brevissima, qualcosa si è fermato. Proprio nel centro propulsivo, nella terra che è nota per la sua forza e laboriosità, la quotidianità di interi paesi è andata in frantumi.

Adesso il problema riguarda tutti e non solo gli emiliani che si aggirano incerti per le tendopoli, con troppe domande nella mente e poche risorse a cui attingere. Bisogna fare qualcosa, tutti, perché gli aiuti non bastano.

Passa del tempo e sembra anche di stare bene. Si chiacchiera con gli altri, ci si scambiano idee e impressioni, si fanno progetti. Le scuole riaprono, sotto ai tendoni e gli allievi ritornano sui banchi, felici di poter continuare a studiare, in qualche modo. Le immagini dei tg si fanno rassicuranti, anche se, in realtà, lo stato di bisogno non ha affatto cessato di esistere.

Si vive in punta di piedi. C’è chi ha perso tutto, c’è chi ancora non ha capito cosa potrà fare, c’è chi ha raggiunto qualche parente in un’altra regione, abbandonando la vita che ha condotto fino ad ora.

Poi una nuova scossa, altri movimenti della terra. Il terrore riprende il suo posto e domina menti e cuori, già debilitati e impauriti dalle scosse precedenti. Lo sconforto tinge di un colore cupo le parole dei cittadini. La sensazione prevalente è la speranza che questa volta sia l’ultima, che sia il colpo di coda dello sciame sismico, che rimangano solo piccoli episodi di assestamento. Perché vivere nell’angoscia è un non vivere, è respirare terrore e tensione, nutrendosi solo delle proprie paure. I danni sulla psiche dei più giovani sono prevedibili e devono essere limitati.

C’è bisogno di far ripartire il lavoro e l’economia. C’è bisogno di indumenti, cibo, denaro. Ma c’è, ancora di più, un grande bisogno di sentire il calore degli altri, di quelli che non sono stati toccati dal sisma ma che hanno scelto di non girarsi dall’altra parte, di non fingere, di restare a contatto con il dolore degli sfollati e delle vittime. C’è bisogno di far sentire che la popolazione italiana è viva e sveglia, che non si fa distrarre da altro e che si interessa realmente di ciò che succede.

Che in tanti, speriamo tantissimi, siamo disposti a prenderci cura.

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Fiammetta Scharf

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