ricerca della felicità

La ricerca della felicità: ma quanto mi costa?

Condividi su Whatsapp Condividi su Linkedin

Da secoli l’uomo è alla ricerca della felicità. Non abbattetevi quindi se non siete ancora riusciti a raggiungerla, nonostante i preziosi consigli e le riflessioni di pensatori, filosofi, poeti e santi.

Potete sempre tentare di approfondire il tema grazie a uno studio commissionato dal Financial Times, condotto da Nick Powdthavee e Carl Wilkinson, che ci svela i segreti del sogno più intimo dell’essere umano.

Il prestigioso quotidiano ha, tra l’altro, calcolato anche monetariamente l’impatto emotivo di particolari eventi: una salute eccellente varrebbe 1 milione e 300 mila sterline, il matrimonio invece 200 mila sterline, parlare ai propri vicini 129 mila, andare in pensione 114 mila.

Il discorso viene fatto anche al contrario. La morte di un amico ci costa, in termini psicologici, 8 mila sterline, quella di un figlio 126 mila, il divorzio 296 mila e la morte del partner 312 mila sterline.

E se vi viene spontaneo pensare che la felicità costi cara, vi sbagliate di grosso: il denaro non è affatto sinonimo di felicità. Gli studiosi dell’Università di New York sostengono infatti che con i soldi si possono solo acquistare piccole gioie senza contare poi che più aumentano i guadagni più si è costretti a paragonarsi con persone a un livello economico superiore.

Il vero tesoro sono gli amici, lo dicevano le nonne ma gli scienziati rilanciano: gli amici valgono più di una Ferrari ed essere soli richiederebbe, come compensazione, circa 230 mila sterline all’anno.

E, se speravate di vincere alla lotteria, o al superenalotto, per gettarvi alle spalle la tristezza, ci sono decisamente brutte notizie: l’agognata spensieratezza non è immediata servono due anni per riprendersi dallo choc e godersi la vincita.

Se ad ingrigire le vostre giornate c’è lo spettro della disoccupazione, consolatevi: è vero, infatti, che perdere il lavoro rende infelici, ma se il tasso di disoccupazione nel proprio Paese è alto non è poi così grave per l’autostima.

Se, invece, il cruccio è il sovrappeso, cercate degli amici grassi: quelli magri fanno sentire in colpa se si aumenta di qualche chilo. Insomma, grasso sarà anche bello ma non felice: chi ha un indice di massa corporea superiore a 30 (obeso) è triste, almeno se costretto a paragonarsi a persone magre.

E l’infelicità per la fine di un matrimonio? Non preoccupatevi non dura molto: per gli uomini l’anno peggiore è quello che precede la rottura, per le donne i due precedenti.

Ricordate poi che la felicità è contagiosa: vivere nello stesso caseggiato o quartiere di persone sorridenti fa bene. Ma se la persona allegra vive o lavora con noi, le possibilità di contagio si abbassano.

A supportare l’ipotesi l’equazione teorizzata da Nicholas Christakis, della Medical School di Harvard, e da James Fowler, sociologo dell’Università della California di San Diego. I due scienziati hanno calcolato che il nostro grado di felicità aumenta del 42% se si vive a meno di 1 Km di distanza da un amico fedele. Percentuale che scende al 22% nel caso in cui la lontananza venga portata a 3 Km. Si può dedurre che il contagio da felicità avvenga tra persone fisicamente vicine e in tal senso è essenziale anche la qualità delle interazioni sociali esistente tra le persone.

Insomma, forse per essere felici basterebbe “semplicemente” stare bene con se stessi e con gli altri.

Manuela Marino

Condividi su Whatsapp Condividi su Linkedin