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Naufragi: si salvano di più gli uomini e membri dell’equipaggio

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Prima le donne e i bambini? Le cose non andrebbero così in caso di naufragio. Un onda d’urto, un’esplosione, un incendio, la nave che prende acqua e inizia ad affondare, i passeggeri che si aggrappano alle scialuppe di salvataggio o saltano giù tra le onde.

In pochi secondi mette gli esseri umani si ritrovano in pericolo di vita e arriva il momento di stabilire le priorità, di scegliere chi può aspettare e chi no.

I ricercatori svedesi della Uppsala University e quelli americani della Berkeley University of California hanno studiato 18 catastrofi navali che hanno avuto luogo tra il 1852 e il 2011, al fine di analizzare gli atteggiamenti e le azioni delle persone in queste pericolose e spiazzanti situazioni. I loro risultati, pubblicati negli Pnas, mandano definitivamente in pensione l’idea cavalleresca che “prima le donne e i bambini” sia una ferrea regola in mare.

Il team ha usato 4 criteri per fare la cernita dei disastri da campionare: la nave portava i passeggeri, aveva almeno 100 persone a bordo al momento del suo affondamento, è naufragata in tempo di pace (ad eccezione del Lusitania, che è stato silurato durante la prima guerra mondiale) e ha lasciato alle spalle dati sui passeggeri sufficientemente dettagliati. Hanno così scoperto, ad esempio, che sul Titanic i membri dell’equipaggio hanno avuto un tasso di sopravvivenza del 23,8%, inferiore a quello dei passeggeri (38%), anche se la loro conoscenza della nave e delle procedure di evacuazione avrebbe dovuto favorirli. I marinai, in questo caso, sembrano aver obbedito al codice di condotta, che ordina loro di lasciare una nave che affonda dopo i loro ospiti.

Ma nel campione generale, le proporzioni sono risultate, a sorpresa, completamente invertite. Il tasso di sopravvivenza è molto più alto tra i membri dell’equipaggio (61,1%) che tra i passeggeri (31,9%).

Risultati sconvolgenti arrivano anche dall’analisi del tasso di sopravvivenza delle donne. Gli uomini di certo hanno un vantaggio, perché sono più forti fisicamente e, come sottolineato dagli autori dello studio, “durante l’evacuazione di una barca che affonda, il successo è di solito determinato dalla capacità di muoversi rapidamente nelle sale e per le scale, o su superfici inclinate piene di persone e detriti“. Quindi sono altri i fattori a dover entrare in gioco per contrastare questa superiorità maschile.

Come sul Titanic, in cui il tasso di sopravvivenza è stato di 74,6% per le donne e 16,9% per gli uomini, che hanno ceduto i posti sulle scialuppe al gentil sesso. Ma ancora una volta, questa è un’eccezione: nel campione principale sono sopravvissuti 37,4% degli uomini a fronte del 26,7% delle donne. Davvero poco cavalleresco.

Ma perché? I ricercatori hanno scoperto che sono due i fattori che esercitano un’influenza determinante sugli eventi. Il primo è l’atteggiamento del leader: quando il capitano dà l’ordine di salvare prima le donne e i bambini, è sufficientemente obbedire per modificare i tassi di sopravvivenza. Sui 5 navi in cui è stato dato un tale ordine, la proporzione di donne sopravvissute è aumentato del 9,6%.

Contrariamente a molti altri tipi di catastrofi, i naufragi delle navi si svolgono in società con una forte gerarchia, in cui i comandanti hanno il potere di punire. L’impulso egoista di passare prima di altri si scontra quindi contro l’interesse a non provocare l’ira di un superiore. Sul Titanic, secondo alcuni testimoni, i membri dell’equipaggio sarebbero addirittura arrivati al punto di sparare a una persona non collaborativa.

Il secondo fattore che influenza il tasso di sopravvivenza è l’emancipazione delle donne. Le donne di oggi sopravvivono di più rispetto a quelle della prima guerra mondiale, perché sono in grado di comportarsi meglio nelle situazioni di emergenza. Come? Con l’adozione di uno stile di vita prima riservato solo agli uomini, che hanno portato a migliori capacità natatorie e all’uso di abiti meno ingombranti. Quando si dice che l’emancipazione ti salva la vita…

Roberta Ragni

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Dopo una laurea e un master in traduzione, diventa giornalista ambientale. Ha vinto il premio giornalistico “Lidia Giordani”, autrice di “Mettici lo zampino. Tanti progetti fai da te per rendere felici i tuoi amici a 4 zampe” edito per Gribaudo - Feltrinelli Editore nel 2015.