felicità

La felicità? Esserlo non è sempre una cosa positiva

Condividi su Whatsapp Condividi su Linkedin

Abbiamo decantato le virtù del buonumore e le capacità terapeutiche del sorriso, ma esistono controindicazioni alla felicità?

Molti ricercatori hanno illuminato con i loro studi il lato oscuro della felicità e sono concordi nel sostenere che un atteggiamento positivo non faccia sempre e soltanto bene.

Sono molti gli studiosi per cui troppa felicità può causare una sorta di “ripiegamento” su se stessi. A sostenerlo, tra gli altri, anche il Professor Andreoli secondo cui “la felicità è una condizione non continuativa che riguarda una singola persona e dipende dagli stimoli esterni” (come per esempio, una vincita al Superenalotto). In quanto tale, è certamente egocentrata. Altra cosa è la gioia, da intendersi come uno stato continuo legato a una sorta di benessere interiore. Questo, al contrario, non è un sentimento egoistico ma compartecipato, che coinvolge una coppia, una famiglia e addirittura, nei casi più fortunati, un’intera società. L’ottimismo, invece, è legato all’attesa e dipende in gran parte dall’esperienza: una persona ottimista ha avuto risposte positive soprattutto nella sua infanzia, e si aspetta che quella sia la regola“.

Non ci resta, dunque, che scoprire gli altri lati bui della felicità. A guidarci Joe Forgas dell’University of New South Wales di Sydney, Australia, che ipotizza che fra gli effetti negativi della felicità c’è una certa dose di egoismo oltre che di egocentrismo.

Il ricercatore ha condotto un esperimento in cui ha indotto stati di buonumore o scontento in 45 studenti, dando loro un feedback più o meno positivo rispetto a un “test cognitivo” cui li aveva sottoposti, test in realtà fasullo. Poi ha distribuito a ciascuno 10 biglietti della lotteria: i ragazzi potevano scegliere di tenerli, oppure di condividerli con un altro studente universitario. Quelli più felici, per l’esito positivo del test, hanno mostrato un comportamento egoista e hanno tenuto tendenzialmente più biglietti per sé. L’esperimento è stato poi ripetuto inducendo gli stati d’umore tramite spezzoni di film tristi o allegr e proponendo questa volta di spartire i biglietti con un amico: il risultato non è cambiato.

Secondo Forgas, le persone felici sono tendenzialmente più concentrate sui propri desideri. “Un atteggiamento positivo è in un certo senso un segnale evolutivo che ci informa a livello subconscio che la situazione che stiamo vivendo è sicura e priva di pericoli”. Secondo l’autore della ricerca, “tristezza e cattivo umore al contrario, inducono un atteggiamento più vigilante e recettivo agli stimoli esterni”. Forgas ha dimostrato anche che le persone molto felici sono più credulone, meno capaci di elaborare argomenti persuasivi e di ricordare gli oggetti esposti nella vetrina di un negozio, quindi con una memoria meno efficace degli altri.

Forgas dà il colpo di grazia al mito della felicità sostenendo che chi è felice è anche più facilmente influenzabile dagli stereotipi. Lo sostiene un suo studio condotto su un gruppo di australiani non musulmani e particolarmente di buon umore, questi sono risultati molto più inclini a giudizi negativi precostituiti su fotografie di persone in abito tradizionale islamico.

Robert Cummins, psicologo della Deakin University di Melbourne, Australia esprime la propria soddisfazione per queste ricerche “Sentire che esiste un’alternativa all’opinione che la felicità sia per forza e sempre positiva è una boccata d’aria fresca” e ipotizza che esiste un livello ottimale di felicità che si attesta tra il 7 e l’8 della scala standard (da 0 a 10). Non il massimo quindi, ma uno stato d’animo sufficiente a essere felice senza risentire dei lati negativi.

Questo livello sarebbe quello percepito nei paesi occidentali, dove si raggiungono livelli sufficienti di salute, istruzione e benessere economico. Il livello di soddisfazione percepito rispetto alla propria vita è strettamente legato al benessere economico. Un tenore di vita soddisfacente garantisce l’accesso ai servizi sanitari e all’istruzione: ecco perché i paesi occidentali raggiungono il livello massimo, purtroppo l’Italia si trova nella fascia di soddisfazione intermedia… Anche se spesso, come abbiamo visto, anche la felicità vien per nuocere.

Manuela Marino

Condividi su Whatsapp Condividi su Linkedin