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L’influenza suina cambia faccia. E il vaccino?

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Dopo l’allarme contagio, l’allarme vaccino. Pare che questa influenza suina non voglia lasciarci in pace.

Se fino ad oggi i rapporti dell’OMS, l’Organizzazione Mondiale sulla Sanità, sugli effetti collaterali della vaccinazione, escludevano rapporti diretti per la maggior parte delle morti “sospette”, adesso le reazioni allergiche che il vaccino ha provocato in Canada, hanno portato alla sospensione, almeno momentanea, dello stesso dal suolo canadese.

Gli esperti avevano infatti analizzato i dati provenienti da 16 Paesi e ritenevano il vaccino (nei 65 milioni di dosi inoculate) in gran parte sicuro. Tuttavia, le autorità sanitarie di Ottawa, su richiesta della stessa GlaxoSmithKline – casa farmaceutica inglese fabbricante il vaccino – hanno invitato i medici a sospenderne temporaneamente l’utilizzo: un lotto di 170 mila dosi ha provocato un numero troppo alto di reazioni allergiche per non prender in considerazione contromisure drastiche. Certo i casi di shock anafilattico sono solo 6, ma sebbene il numero sia relativamente basso, è comunque superiore alla norma. Per questo le autorità canadesi hanno dato l’allarme.

Attualmente sono in corso esami di laboratorio per capire cosa sia successo e se ci siano delle alterazioni nella composizione del vaccino. La Gsk ha negato qualsiasi problema, lei che ha prodotto più di 7 milioni di dosi per debellare il fantomatico virus A/H1N1 che da prima di quest’estate ha minacciato prima l’Inghilterra e poi tutto il mondo. La casa farmaceutica sta cercando di tranquillizzare gli animi, parlando di fluttuazione statistica legata peraltro a un singolo lotto della produzione totale. Certo è che il lotto sospetto è stato ritirato dal mercato.

Se in Canada l’allarme è stato dato da un lotto diciamo avariato, in Norvegia l’esistenza di alcuni ceppi mutati del virus che colpirebbero anche i polmoni, ha generato paura tra i comuni cittadini ma anche dibattito tra i medici. Si può contrarre il virus una seconda volta se questo muta? Il dibattito è ancora aperto.

In Italia la situazione pare sotto controllo. L’ H1N1 qui non ha subito mutamenti. È quanto afferma il dottor Fabrizio Oleari, direttore generale prevenzione e sanità’ del Ministero della Salute, in un intervista rilasciata proprio in seguito alla scoperta della mutazione norvegese. “Il virus – sempre nelle parole di Oleari- non circola mutato e non comporta quindi problemi per la strategia vaccinale e farmacologica mondiale, europea e italiana. Il vaccino e gli antivirali funzionano. Questa notizia semmai ci induce a ribadire l’importanza della vaccinazione, soprattutto per i soggetti a rischio”. Dichiarazioni rassicuranti sul tema arrivano anche dal direttore del dipartimento malattie infettive dell’Istituto Superiore di Sanità, il dottor Gianni Rezza che garantisce che il vaccino funzionerebbe anche contro un’eventuale mutazione.

Certo è che la paura dilaga anche qui. I detenuti del carcere cagliaritano di Buoncammino hanno rifiutato la somministrazione dell’antivirale. Lo hanno appreso i volontari dell’Associazione Socialismo Diritti Riforme la cui presidente, Maria Grazia Caligaris, aveva ritenuto indispensabili un migliaio di dosi di vaccino per la Casa circondariale dove vi sono numerosi ammalati e tossicodipendenti immunodepressi.

Paura, allarmi, pandemie, vaccini, case farmaceutiche e milioni di euro. Solo per dare qualche dato: la svizzera Novartis ha annunciato in questi giorni che nel solo quarto trimestre le vendite del Focetria, uno dei tre farmaci anti-H1N1 approvati in Europa, aggiungeranno tra i 400 e i 700 milioni di dollari ai suoi ricavi. L’inglese Glaxo ha venduto a 22 nazioni 440 milioni di confezioni del suo Pandemrix, con un incasso già arrivato a 3,5 miliardi di dollari, annunciando che sono in arrivo altri accordi da centinaia di milioni. Vendite da capogiro sono previste anche per il Celvapan della Baxter, per cui è arrivato il disco verde delle autorità nelle ultime settimane. La francese Sanofi ha in portafoglio ordini per 250 milioni dagli Stati Uniti ancora prima dell’ok al suo vaccino, cifra simile a quella che si è già messa in cassa l’australiana Csl.

Già a luglio, appena scoperto il virus, si parlava di affari d’oro per Big Pharma e se anche l’influenza A ha avuto le sue vittime tra i soggetti maggiormente a rischio – come capita ogni anno- è vero anche che le case farmaceutiche, ancora una volta, hanno rimpinguato, forse come poche altre volte, le loro casse.

Valentina Nizardo

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