fecondazione eterologa

Fecondazione eterologa, Consulta rinvia gli atti ai Tribunali

Condividi su Whatsapp Condividi su Linkedin

Il giudice non deve supplire alle carenze del Parlamento: se il divieto di fecondazione eterologa deve cadere è necessaria una legge“. Con queste parole l’avvocato dello Stato, Gabriella Palmieri, spiega la posizione assunta in Aula all’udienza della Consulta sulla legge 40.

Oggi, infatti, la Corte Costituzionale ha esaminato il divieto di fecondazione eterologa stabilito dalla legge 40, restituendo però gli atti ai Tribunali che l’avevano investita del caso, per rivalutare la questione sulla base della sentenza sulla stessa tematica della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo del 3 novembre 2011.

Così, se l’avvocato Palmieri ha sostenuto che “il divieto di fecondazione eterologa è coerente con l’impostazione dell’intera legge” e che una sua eliminazione senza una legislazione che disciplini tutti gli aspetti andrebbe a creare solo un vuoto normativo, l’avvocato Gian Domenico Caiazza, che assiste alcune coppie e un gruppo di associazioni, ritiene che il divieto di fecondazione eterologa sia “discriminatorio perché è inconfutabile che soggetti affetti da medesima patologia possono in alcuni casi accedere al diritto alla procreazione e in altri vederselo negato“.

In buona sostanza, quello che si chiedono i sostenitori della fecondazione eterologa è perché le coppie affette da un’infertilità risolvibile possono accedere alla fecondazione omologa mentre se l’infertilità è totale si vedono negato lo stesso diritto alla procreazione.

Ma, secondo Claudio Giorlandino, presidente del Forum delle Associazioni di Diagnostica, Genetica e Riproduzione e segretario generale della Società Italiana di Diagnosi Prenatale e Medicina Materno Fetale, in ogni caso “l’Italia non ha alcuna preparazione di tipo tecnico perché l’eterologa non è mai stata introdotta. I laboratori di fecondazione assistita non sono attrezzati, i costi per offrire questo servizio sarebbero troppo alti, troppo l’impegno e molti i rischi, quello medico-legale e procedurale“.

Poi c’è l’aspetto culturale: le donne italiane non sono pronte alla “donazione della propria fertilità“, il che rende ancor più complicata la reperibilità del materiale biologico, soprattutto di ovociti.

Infine, l’ex sottosegretario alla Salute Eugenia Roccella, conclude “ora la strada per un nuovo ricorso è tutta in salita e sembra difficile che si possa giungere a stravolgere la legge 40 in questo modo”.

Condividi su Whatsapp Condividi su Linkedin
Giornalista pubblicista, classe 1977, laurea con lode in Scienze Politiche, un master in Responsabilità ed etica di impresa e uno in Editing e correzione di bozze. Direttore di Wellme.it per tre anni, scrive per Greenme.it da dieci. È volontaria Nati per Leggere in Campania.