La fama dell’Italia nel mondo ormai non è più dovuta a spaghetti, pizza e mandolino, ma ad un barbaro rito di provenienza mediorientale, prontamente adattato ai bisogni di chi detiene il potere.
L’avrete capito, si tratta del bunga bunga, del quale vi avevamo spiegato nel dettaglio le origini e la trasformazione. Attorno alla vicenda sta ruotando un processo che appare a dir poco infinito, ricco di colpi di scena e di nuove protagoniste inaspettate, di rivelazioni, segreti, bluff e possibili foto compromettenti.
Negli ultimi giorni tutto sembrava tacere attorno alla faccenda, superata per importanza, ahinoi, dalle problematiche legate alla crisi, alla manovra economica ed alla recessione. Ecco però che spunta una nuova testimone con rivelazioni scottanti sulle cene eleganti di Arcore. Pettegolezzi o verità – sarà la giustizia a deciderlo – pronte a distrarci dai veri problemi del nostro Paese, la cui reputazione in Europa e nel mondo non è al momento delle migliori.
Allora non ci può bastare sapere che probabilmente Nicole Minetti è giunta a ricoprire un importante incarico politico in maniera non troppo lecita, che è stata fidanzata con il premier, che è implicata, insieme ai soliti noti, nell’accusa di favoreggiamento della prostituzione, anche minorile.
Secondo le parole di Imane Fadil, una giovane marocchina che ha dichiarato di essere stata presente agli allegri dopocena a casa del “papi”, il rituale del bunga bunga avrebbe previsto una Minetti in vesti inedite, con abito da suora corredato di copricapo e pali da lap dance come optional. La nuova testimone ha aggiunto di aver ricevuto la classica busta, contenente duemila euro, da Silvio Berlusconi in persona, in cambio della sua presenza al bunga bunga e del suo numero di cellulare.
Se ciò fosse vero, si tratterebbe di un comportamento davvero inaudito da parte di un uomo (ops, Capo del Governo) che ha più volte dichiarato di non aver mai avuto bisogno di pagare una donna e di aver conquistato ogni nuova fiamma grazie al bel canto e al potere della sua simpatia.
Marta Albè