indice glicemico

Indice glicemico

Dieta: occhio a indice e carico glicemico degli alimenti

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Quando si parla di dieta, occorre tener conto sia dell’indice glicemico degli alimenti che si assumono, sia del loro carico glicemico. È quanto emerge dal recente incontro mondiale organizzato a Stresa da NFI (Nutrition Foundation of Italy) e Oldways USA. Ma qual è la differenza?

Il carico glicemico o CG è la quantità di carboidrati che si assumono. Questo calcola l’effetto dell’alimento sul glucosio presente nel sangue. Così, una piccola quantità di riso bianco con IG alto, possiede lo stesso carico glicemico di una più grande quantità di riso integrale, con IG basso.

Al contrario, l’indice glicemico è la quantità effettiva dei carboidrati. E non è da considerarsi veritiera la teoria secondo la quale tutti gli alimenti contenenti zuccheri sono utili a fare alzare la glicemia e, allo stesso modo, non è vero che quelli ricchi di amido contribuiscano all’effetto opposto.

Alcune diete, infatti, si basano sull’IG per l’alimentazione corretta da seguire. E viene utilizzato per evitare valori troppo alti dopo i pasti. È stata quindi rivalutata la classifica degli alimenti che possiedono un indice glicemico troppo elevato. Da rielaborare, dunque, i criteri di valutazione per i carboidrati. “Dopo ogni pasto la glicemia aumenta in ragione della qualità e della quantità dei carboidrati ingeriti“, spiega Gabriele Riccardi, professore di Malattie del Metabolismo presso l’Università Federica II di Napoli. “Per contenere questo incremento, il pancreas secerne insulina, al fine di normalizzare i valori glicemici nel giro di 2-3 ore. Un eccessivo incremento della glicemia postprandiale non fa bene alla salute dei vasi, facilitando l’insorgenza di arteriosclerosi, e condiziona un’intensa e prolungata secrezione d’insulina che, a lungo andare, può indurre l’esaurimento funzionale delle cellule che la producono e portare allo sviluppo di diabete. Se tali problemi non riguardano le persone giovani e attive, diventano invece rilevanti per una popolazione adulta che, come quella italiana, nella maggior parte dei casi è sedentaria, in sovrappeso ed è, pertanto, predisposta al diabete e all’arteriosclerosi“.

Ridurre i carboidrati, dunque, come i cereali integrali, i legumi, la frutta e le verdure. Mentre aumenterebbero, di conseguenza, le proteine e i grassi. E l’IG serve proprio a non produrre oscillazioni della glicemia. Un esempio: una porzione di banana contiene più carboidrati di una porzione di anguria, sebbene abbia un minore IG a fronte di un maggiore CG. Continua Riccardi: “Il Carico Glicemico, quindi, combina in un unico numero, l’informazione sulla qualità dei carboidrati, data dall’Indice Glicemico, con quella relativa alla quantità presente nella porzione consumata. Questo criterio consente di valutare in modo più corretto l’impatto sulla glicemia delle porzioni abituali di alimenti e permette di non escludere dalla dieta alimenti come il pane, il riso, le patate, che verrebbero fortemente penalizzati valutandoli solo sulla base dell’ Indice Glicemico“.

Federica Vitale

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